Crisi giallorossa: i 15 errori di staff e società che hanno rovinato la Roma

(Keivan Karimi) – Dall’impresa mitologica contro il Barcellona alla batosta senza precedenti di Firenze. Nove mesi in cui la Roma è stata smontata, ridimensionata, è crollata passando dal sogno al peggiore degli incubi. I tifosi dell’Olimpico hanno assistito una squadra coraggiosa ed equilibrata sfiorare una pazzesca finale di Champions League, per poi dover tornare a nutrirsi di rabbia e delusione per una stagione, quella attuale, davvero sotto le aspettative.

Tanti, troppi errori sono stati commessi in questi mesi; ecco una lista di quelli più gravi e palesi secondo la redazione di Gazzetta Serie A:

Rinnovare il contratto a Di Francesco, con ingaggio raddoppiato. Per carità, il mister dopo la scorsa stagione meritava un premio. Ma la storia della Roma insegna: mai esagerare con rinnovi e compensi in fatto di allenatori. Non a caso ora la società non si può permettere un esonero in corso d’opera.

La preparazione estiva tra Trigoria e States. Va bene che il centro sportivo è all’avanguardia e che la tournée americana frutta denaro. Ma viva i bei ritiri nell’aria fresca di montagna, che portano anche bene. Tutta la vita.

Il mercato ‘lampo’ di giugno. Monchi ha voluto esagerare con ben 11 colpi dopo neanche 30 giorni di mercato. Tanto, forse troppo. Una rivoluzione studiata solo in parte e tanti acquisti frettolosi. Un vero d.s. lavora più lentamente, ma meglio.

-Sostituire Alisson con Olsen. Difficile, quasi impossibile rifiutare 72 milioni per un portiere, anche se fortissimo. Ma Olsen è stata la scelta sbagliata, alla base. Buon estremo difensore, ma completamente diverso per qualità e caratteristiche. Non si vuole sparare a zero sullo svedese (costato solo 8,5 milioni) ma non era il giocatore adatto per guidare una difesa così.

-Sottovalutare il bisogno di un’ala. Ovvero sottovalutare i chiari di luna di El Shaarawy, le condizioni fisiche precarie di Perotti, l’estrema immaturità di Under e Kluivert. Serviva un esterno d’attacco vero, rapido, con senso del gol e dell’assist. In pratica la Roma in due anni non ha ancora sostituito Salah.

-Sopravvalutare i ‘veterani’. La voglia di rivoluzione di Monchi non ha messo in conto diverse situazioni limite: gli ultratrentenni della Roma sono tutti in recessione. De Rossi a 35 anni non garantisce più fisiologicamente un apporto totale. Kolarov ha dimenticato la fase difensiva. Dzeko fa fatica a guidare il reparto. Fazio e Perotti sembrano lontani parenti dei leader visti in passato. Impensabile non creare delle alternative.

-Pastore. Basta il nome e qualche numero: 24 milioni di cartellino, 4 milioni netti di ingaggio fino al 2023, quando l’argentino avrà 34 anni. E già oggi, a neanche 30 di età, fatica a resistere ad un contrasto. Per qualità/prezzo/utilità il peggior acquisto degli ultimi trent’anni di Roma.

-Strapagare Kluivert e gettarlo nella mischia. La Roma ha pagato l’olandesino 17,5 milioni di euro più bonus. Ok, ottimo acquisto di prospettiva. Ma una grande società parla con l’agente amico (Raiola), lascia Kluivert a maturare all’Ajax per un anno e lo prende a costo zero nel giugno 2019 invece di caricarlo di responsabilità a neanche vent’anni. La Juventus insegna.

-Sostituire Strootman con Nzonzi. Dobbiamo essere chiari: Strootman sta tutt’altro che impressionando a Marsiglia e gli infortuni al ginocchio si fanno sentire. Ma prendere Nzonzi (costo 26 milioni) per farlo giocare da mezzala prima e da mediano nel 4-2-3-1 poi è un errore grossolano. A quel punto sarebbe stato più giusto tenere l’olandese che ha dato il suo meglio ai tempi di Spalletti con questo sistema di gioco.

-Cambiare troppi schemi in corsa. L’economia di gioco e di equilibri di una buona squadra dipende da due fattori: i grandi giocatori e degli schemi ben precisi. Di Francesco ne ha cambiati troppi, soprattutto nelle prime giornate. Dal suo classico 4-3-3 è passato ad un 3-4-1-2 lunghissimo allargandosi poi al 3-5-2 e infine al 4-2-3-1 attualmente consolidato. Colpe anche del mercato, che non ha donato al mister i giocatori ideali per il suo credo tattico.

Ritiro sì, ritiro no. Gestione scellerata del ritiro punitivo. Utilizzato post Bologna-Roma, scomparso dopo Madrid, riconsiderato dopo il pari deludente di Cagliari e terminato pur dopo la sconfitta senz’appello di Plzen. Poca chiarezza, segnali intermittenti ed una dirigenza incapace di farsi sentire.

Roma senza gioco. Di Francesco non ha imparato dagli errori: non si può chiedere alla squadra di pressare sempre alto, di difendere sulla linea di centrocampo, di attaccare solo sugli errori altrui. Servono schemi, capacità nel giro-palla, sovrapposizioni e soprattutto meno dipendenza da giocatori come Kolarov o De Rossi. I giallorossi, fondamentalmente, non hanno un gioco.

Il ruolo di Cristante. Mediano, mezzala, trequartista, esterno. La vera posizione dell’ex Atalanta nessuno la conosce. Fatto sta che in nerazzurro giocava vicino alla porta e ha segnato 9 reti nell’ultima stagione, come una seconda punta di inserimento letale. A Roma è costretto a fare il centrale davanti alla difesa, pur non avendo nelle corde la fase di non possesso. Talento sprecato.

La preparazione atletica e gli infortuni. Quasi 40 infortuni diversi da agosto a gennaio. La Roma ha il record di stop muscolari e traumi di tutto il campionato. Tanti, troppi, dovuti ad una preparazione evidentemente sbagliata ed a terapie non così all’avanguardia come si sperava. Da Olsen a Schick, da Karsdorp a Perotti, i giallorossi non hanno mai affrontato una gara al completo.

Il mercato nullo di gennaio. Non entriamo nei meriti societari, visto che la Roma di Pallotta non ha mai navigato nell’oro, ma qualcosa si doveva e poteva fare per mettere delle pezze a metà stagione. Serviva un centrocampista di qualità ed un centrale affidabile. Da un d.s. navigato come Monchi ci si aspettava qualche manovra, almeno low-cost, per completare la rosa. Invece il nulla più totale che lascia Di Francesco ancor più solo con i suoi problemi ed i suoi incubi.