Parma-show: una Roma stanca e imballata cade al Tardini

(Keivan Karimi) – Stanchezza e scarsa intensità. La Roma cade in campionato dopo il k.o. di giovedì in Europa League contro il Borussia. Un 2-0 in favore del Parma che non ammette repliche, vista l’ampia differenza di prestanza atletica dei padroni di casa.

Al ‘Tardini’ Paulo Fonseca sceglie di schierare la stessa Roma che ha battuto il Napoli la scorsa settimana, pagando però la fatica di molti suoi elementi. La partenza giallorossa illude, perché il Parma di D’Aversa non rischia quasi mai nel primo tempo e prova a pungere in contropiede.

Neanche l’infortunio dell’ex temuto Gervinho frena la voglia dei ducali, che nella ripresa puntano e trovano la vittoria. Prima però Kolarov e Pastore fanno tremare i padroni di casa: palo del serbo su punizione e miracolo di Sepe sull’argentino. Episodi che scuotono il Parma, che passa grazie al neo entrato Sprocati, lasciato troppo solo dalla difesa romanista.

L’assedio di Dzeko e compagni si ferma sui pugni del portiere Sepe, abile a respingere alcune conclusioni dalla distanza. Zaniolo è impreciso, la difesa sbanda e gli emiliani nel finale chiudono il conto con Cornelius, che buca Pau Lopez in contropiede per il meritato 2-0.

Finisce col fiatone la squadra di Fonseca, che deve benedire la sosta per le Nazionali: avrà così il tempo di rifiatare e recuperare energie, oltre ad alcuni calciatori recentemente infortunati.

 

Viaggiando nella Hall of Fame: Giacomo Losi, il padano “Core de Roma”

Pagine Romaniste (F. Belli) – “Raramente un artista è stato un eroe. Più spesso vive isolato e come un timidissimo coniglio”, diceva il compianto Fabrizio De Andrè. Ed è timido Giacomo Losi, però è tutto fuorché un coniglio. Non lo era neanche a 8 anni, quando in piena notte ha visto degli squadristi portargli via il padre. “Stai tranquilla”, dicevano alla madre, “lo mandiamo a lavorare per la patria e sarai anche fortunata, perché ti manderà tanti bei soldini”. Lavorare, per quei soldati, significava scavare fossati e recinzioni intorno a un campo di concentramento. Inutile dirlo, quei bei soldini a casa non arriveranno mai. Non era timido neanche a 10 anni, quando in cima alla Rocca Sforzesca di Soncino portava bombe e nastri di mitragliatrice ai partigiani. Erano tempi duri e i bambini della sua età passavano più tempo nei rifugi che tra i banchi di scuola. Negli stessi anni quel bambino scopre anche l’amore per il calcio e inizia a muovere i primi passi nella squadra del paese d’origine, per poi passare alla Cremonese. Nel 1954 si lega alla Roma, dove militerà per 15 anni diventandone pian piano titolare, capitano e idolo. Difensore destrorso, ha giocato anche terzino e libero. Non era molto alto ma era agile e bravo nell’anticipo, una vera spina nel fianco per ogni attaccante. Poco dopo diventa capitano e nel 1961 accade qualcosa che lo renderà un immortale mito giallorosso. Nasce una storia che sembra più una leggenda, una di quelle che cambia forma e si arricchisce di particolari, alcuni bizzarri, ogni volta che viene raccontata.

La nascita di “Core de Roma” e la colletta del Sistina

L’8 gennaio la Roma affronta la Sampdoria in Coppa Italia e la gara è ferma sul 2-2. Giacomino ha uno strappo all’inguine ed è costretto a spostarsi sull’ala destra, giusto per far numero visto che la squadra è già in inferiorità numerica. All’epoca non sono previste sostituzioni e qualsiasi altro tranne lui sarebbe uscito. Ma non lui, che a 8 anni si è visto portare via il padre da uno squadrone infame della morte. Resta in campo, c’è un calcio d’angolo, e il resto lo racconta direttamente lui: “… Lojacono colpi’ la sfera, il pallone compi’ una traiettoria e arrivo’ alla mia portata: raccolsi tutte le forze e spiccai il volo sulla gamba buona. Anticipai Bernasconi e insaccai di testa. Ancora adesso mi chiedo dove trovai la forza necessaria”. Dopo questo episodio i tifosi lo soprannominano “Core de Roma”, un vero e proprio romanista padano. Un cuore grosso, mezzo giallo e mezzo rosso anche quando, tre anni dopo, partecipa direttamente alla colletta del Sistina raccogliendo lire tra i tifosi. Come troppe storie d’amore però, anche quella tra Losi e la Roma finisce in freddezza. Viene infatti ceduto a costo zero per volontà del mago Herrera, che nella Capitale in realtà di magie e conigli dal cilindro ne ha tirati fuori ben pochi. E’ questa la sconvolgente freddezza con cui la razionalità mette il punto, e va a capo. – Pagine Romaniste (F. Belli)