Le imprese della Roma in Europa: Coppa Uefa 90/91

Alice Dionisi – Della ventesima edizione della Coppa Uefa, quella della stagione 1990/1991, la maggior parte dei tifosi ricordano lo sfortunato epilogo nella doppia finale contro l’Inter, ma il cammino della Roma per arrivare in fondo alla competizione merita di essere ricordato. È l’anno in cui la società passa dalle mani di Dino Viola, a quelle della moglie Flora, che poi conduce la trattativa per la cessione del club a Giuseppe Ciarrapico. È l’anno in cui sulla panchina giallorossa siede Ottavio Bianchi, giunto nella Capitale dopo quattro anni al Napoli, ma soprattutto dopo la conquista del primo scudetto della storia dei partenopei. È l’anno in cui l’organico della squadra viene arricchito dall’arrivo di Aldair, ma anche la stagione al termine della quale Bruno Conti appenderà gli scarpini al chiodo, ritirandosi dal calcio giocato. È l’anno in cui la Roma vince la Coppa Italia contro la Sampdoria campione d’Italia e, appunto, arriva a disputare la finale di Coppa Uefa contro l’Inter di Trapattoni.

Europa

Il cammino dei giallorossi inizia contro il Benfica. Nella doppia sfida contro i portoghesi arrivano due vittorie per 1-0 che permettono alla squadra di accedere alla fase successiva. Nei sedicesimi di finale è il turno del Valencia, dopo un pareggio in Spagna per 1-1, il ritorno all’Olimpico vede la Roma imporsi per 2-1, grazie alle reti di Giannini e Völler (capocannoniere della competizione). Il tedesco volante si rende protagonista anche della fase successiva: una tripletta nella gara d’andata contro il Bordeaux, vinta per 5-0, e un gol in quella di ritorno, finita 2-0. Un 7-0 complessivo contro i francesi apre le porte ai quarti di finale, dove quattro squadre su otto sono italiane, insieme ai giallorossi e all’Inter ci sono anche Atalanta e Bologna. Gli avversari sono i belgi dell’Anderlecht, reduci dalla finale di Coppa delle Coppe l’anno precedente e che nella stessa stagione conquistano il titolo nazionale. La gara d’andata allo stadio Olimpico vede la Roma imporsi per 3-0, un successo firmato da Desideri, Völler e Rizzitelli. Il ritorno al Constant Vanden Stock Stadium di Bruxelles vede splendere, ancora una volta, l’attaccante tedesco. Un’altra tripletta, che rende vane le due reti segnate nel finale da Kooiman e Lamptey. Così il cammino della formazione allenata da Ottavio Bianchi prosegue fino alle semifinali, dove incontra i danesi del Brøndby. Nei primi 90 minuti il punteggio resta fisso sullo 0-0, poi arriva il successo in casa per 2-1. Dopo il gol di Rizzitelli, l’autorete di Nela fa tenere il fiato sospeso ai tifosi sugli spalti per 25 minuti, ma all’87’ è sempre Völler a risolvere la partita e trascinare la Roma in finale.

Maledizione Olimpico

Questa storia però, purtroppo, non ha un lieto fine. Nella prima partita, disputata al Meazza, l’Inter si impone per 2-0, sbloccando la partita grazie ad un rigore dubbio assegnato dall’arbitro russo Spirin, trasformato da Matthäus e seguito dal raddoppio di Berti. Il ritorno si gioca in casa, il 22 maggio del 1991, in uno Stadio Olimpico tutto esaurito. Il gol arriva troppo tardi, all’81’ va a segno Ruggiero Rizzitelli, regalando ai giallorossi l’illusione di poter ancora conquistare i supplementari. La seconda rete non arriva e i nerazzurri, pur uscendo sconfitti, conquistano la Coppa Uefa. Le mura di casa ancora una volta sono teatro della disfatta. “Una finale che ancora oggi non digerisco– ha commentato in seguito Rizzitelli-. In quel torneo facemmo un cammino straordinario, anche in quelle due partite meritavamo di vincere la coppa. Il nostro errore fu San Siro, non eravamo come l’Inter, squadra esperta di queste competizioni. Voglio ricordare quel rigore concesso per cui qualcuno urla ancora allo scandalo, possiamo urlarlo anche noi. Dopo il rigore eravamo ancora a protestare, loro hanno segnato di nuovo. Nel ritorno ce la mettemmo tutta, presi subito un palo, se avessi segnato subito sarebbe stata un’altra storia. Questa coppa volevamo dedicarla al grande presidente. Mi fa male, ancora. Sono immagini che non voglio mai vedere. È dura, non riesci mai a dimenticare, era una cosa che volevamo tutti e non ci siamo riusciti. Ci abbiamo messo l’animo, il cuore, non ce l’abbiamo fatta”.

Alice Dionisi