Le statistiche di Roma-Udinese 0-2: 180 minuti di digiuno, arriva la nona sconfitta in campionato

(S. Valdarchi) – Una Roma vuota, senz’anima, cade all’Olimpico sotto i colpi dell’Udinese, che torna alla vittoria dopo sei mesi e fa un passo decisivo nella lotta salvezza. Per i giallorossi, invece, cade definitivamente il sogno Champions League, con l’Atalanta distante 12 lunghezze. Ora i capitolini hanno un’unica via per qualificarsi alla competizione più prestigiosa: vincere l’Europa League, ma con l’atteggiamento e l’assenza di gioco visti nelle ultime due gare diventa complicato anche solo sperare. Nona sconfitta in campionato per la Roma, la seconda consecutiva dopo quella di San Siro. Per la prima volta in stagione, gli uomini di Fonseca non vanno a segno per 180 minuti consecutivi.

I numeri

Come spesso accade, le statistiche raccontano una gara leggermente diversa da quella percepita in diretta. La Roma, nonostante abbia disputato più di un’ora di gioco in inferiorità numerica per l’espulsione di Perotti al 29′, si rende pericolosa più degli avversari, senza però riuscire mai a battere Musso. Il possesso palla è a favore dei padroni di casa, con il 52% del totale. La Roma ha trascorso più di 13 minuti nella metà campo avversaria, contro gli 8 della formazione di Gotti, brava a sfruttare gli ampi spazi lasciati in ripartenza dalla linea difensiva romanista. 9 a 8 in favore degli uomini di Fonseca i tiri, 6 dei quali in porta (il doppio rispetto ai 3 dell’Udinese). 5 a 4 le occasioni da gol create.

Ancora una volta, la Roma appare meno brillante dal punto di vista fisico rispetto all’avversario e, a differenza di quanto accaduto a Milano, questa volta le statistiche confortano questa percezione: i chilometri percorsi dai bianconeri sono 110,846, contro i 104,816 dei capitolini. Sorprende il dato relativo baricentro palla alla Roma, con gli uomini di Fonseca che hanno mantenuto un baricentro medio di 59,81 metri, occupando, senza successo, costantemente la trequarti difensiva dell’Udinese.

Le prestazioni individuali

Trovare note positive nelle gare della Roma sta diventando sempre più difficile, ma sicuramente uno dei pochi sufficienti nella triste serata romana è Carles Perez. Seppur confuso e poco integrato nel gioco di Fonseca – che a dire il vero stenta a palesarsi in queste ultime uscite – lo spagnolo è il più pericoloso tra i suoi, con accelerazioni improvvise e conclusioni potenti dal limite. Arrivato alla settima presenza in Serie A, l’ex Barcellona deve trovare ancora il suo primo gol in campionato. Quando i suoi tiri, 4 in totale di cui 3 in porta, non vengono ribattuti dal muro composto dai difensori bianconeri la palla trova sempre le braccia di Musso, autore di un’ottima gara.

Il portiere argentino risulta tra i migliori in campo dei suoi. Attento in uscita, respinge qualsiasi cosa si trovi davanti a lui, in alcune circostanze anche in modo fortunoso. Delle 5 parate effettuate, 3 sono risultate decisive. Aggiungete alla sua prestazione brillante la scarsa vena realizzativa di Kalinic e compagni e il risultato non può che essere un clean sheet assicurato, l’ottavo della sua stagione.

(S. Valdarchi)

Un segno di rossetto contro la cultura del bomber

Simone Burioni – In un sabato di pioggia, oltre all’acqua, a piovere sono le accuse contro la Roma, che perde 1-0 a Udine e compie un passo indietro rispetto alla vittoria contro la Sampdoria. Unica nota positiva, anche se passata sotto traccia, la manifestazione contro la violenza sulle donne. In occasione della giornata mondiale contro questa indicibile pratica, i giocatori della Roma, dell’Udinese e anche la squadra degli arbitri hanno sfoggiato un segno rosso di rossetto sulla guancia sinistra proprio in segno di vicinanza verso la donna, spesso vittima di una cultura che troppo spesso la relega ad un ruolo subalterno.

Per molti sarà stato un frivolo segnale di disturbo che interrompe la linea retta dell’attenzione tra poltrona e televisore, altri non l’avranno neanche notato, mentre altri ancora avranno pensato ad un’inutile perdita di tempo. In effetti, cosa c’entra il calcio con la violenza sulle donne?

Eppure, la cultura del machismo e del bomberismo, che ha le proprie basi nelle più becere menti del tifoso medio, si è resa spesso complice silente di un immaginario in cui la donna è arredo del salotto televisivo in cui si discute di un rigore o di un fuorigioco, o che ha reso il calcio femminile un ‘non sport‘. Oppure, più comunemente, la donna nel calcio è sempre stata il perfetto corredo all’idolo sportivo di turno, rapace in area di rigore così come a letto.
Veline, letterine, modelle, wags: ce n’è sempre stato per tutti i gusti, dalla mora alla bionda, dallo stile nostrano a quello esotico. Ciò che nel mondo del calcio invece non c’è mai stata, per la donna, è la dignità.
Risale a poche settimane fa il volantino distribuito nella Curva Nord della Lazio, la zona più calda – e a quanto pare più stupida – della tifoseria biancoceleste, in cui veniva ordinato alle donne di non posizionarsi nelle prime dieci file del settore poiché il tifo è roba da uomini, che non siamo mica al centro commerciale. Oppure, non sono rari i commenti da parte di aitanti ragazzoni che, nei profili delle sezioni femminili di alcuni club di Serie A come Roma e Juventus, si improvvisano cabarettisti di second’ordine twittando cose come “la domenica dovreste stare in cucina” o “tornate a stirare le camicie“.
Ogni commento a questo tipo di esternazione risulta superfluo. Probabilmente, non è con una striscia di rossetto sulla guancia che si combatte questo genere di subumani (che speravamo ormai estinto nel terzo millennio). La speranza, però, è che almeno qualcuno, seduto sulla poltrona di casa o sul seggiolino dello stadio, abbia notato quel segno rosso sul viso e, per un momento, sia stato fiero di essere profondamente diverso dallo spettatore seduto al suo fianco.

Simone Burioni