Debutto amaro per la Roma in Europa League. A Plzen termina 1 a 1.

Era senza dubbio la partita più ostica del girone, ma la Roma poteva (e doveva) fare certamente di più. I giallorossi portano a casa un pareggio (1-1) con il Viktoria Plzen che tutto sommato indirizza bene il girone di Europa League, ma certamente non può lasciare soddisfatti i tifosi della Roma.
La squadra è sembrata decisamente senza stimoli, persino dopo aver subìto il gol del pareggio non ha mai mostrato quella voglia di recuperare il risultato e provare a vincere la partita che sarebbe stato lecito aspettarsi da una squadra che a inizio stagione aveva ambizioni da Champions League. Juan Jesus continua a essere fondamentalmente impalpabile: colpevole in occasione del gol del pareggio, rischia poi anche l’espulsione. Iturbe sembra la copia sbiadita del giocatore che avevamo ammirato con la maglia del Verona, mentre Gerson, alla sua prima uscita ufficiale, non ha certo brillato. Stavolta non è servito neanche far entrare prima Dzeko e poi Totti per rimettere la partita in carreggiata: i giocatori davano l’impressione di pensare più al prossimo turno di campionato che a questo match, probabilmente preso un po’ troppo sotto gamba. Veniamo ora alla partita: pronti via e dopo appena 3 minuti di gioco, ecco che El Shaarawy sfrutta l’ingenuità di Mateju e si conquista un calcio di rigore. Perotti, implacabile dal dischetto, non sbaglia e porta immediatamente la Roma in vantaggio. Da lì in poi, la squadra giallorossa pecca un po’ di presunzione e inizia a tirare i remi in barca, con la conseguenza che i cechi del Viktoria Plzen cominciano a prendere coraggio, facendosi vedere sempre più spesso dalle parti di Alisson. Al 9’ minuto un destro centrale di Kace spaventa la retroguardia romanista, all’11’ invece il colpo va a segno: 1-1. Cross dalla sinistra di Zeman, Juan Jesus non attento sugli sviluppi e Bakos che ne approfitta per anticiparlo con un colpo di testa neanche troppo irresistibile, che piazza la palla in rete alle spalle di Alisson. Il portiere brasiliano però ha subito l’occasione per rifarsi al 23’, quando salva su un colpo di testa a botta sicura di Duris. In questa fase il pallino del gioco è interamente nei piedi del Viktoria Plzen, a nulla servono le urla di un furibondo Spalletti (soprattutto all’indirizzo di Iturbe). Intorno alla mezz’ora la Roma si ricompatta: Paredes prende in mano le redini del gioco e Gerson inizia prendere un po’ più di confidenza, mostrando qualche numero e maggiore sicurezza. Perotti col passare dei minuti sembra essere sempre più ispirato, anche se non riesce a trovare la via del gol. Al 32’ l’argentino è protagonista di un’azione che potrebbe riportare in vantaggio la Roma: lancio per El Shaarawy, pallone in mezzo per Nainggolan che con il destro centra il palo. Sfortunata in quest’occasione la Roma. Al 36’ la Roma spreca il secondo match point: Gerson per El Shaarawy, palla di prima intenzione per Iturbe che tenta un tiro al volo, smorzandolo e sprecando davvero una grande chance per tornare in vantaggio. Nell’intervallo Spalletti aggiusta un po’ la squadra: fuori Gerson e dentro Dzeko, per un più confortevole 4-2-3-1. Dopo appena 3’ della ripresa è proprio il numero 9 della Roma a sfiorare il gol dopo un cross di Manolas deviato da Hubnik. Al 9’ minuto ancora Roma, che dà qualche timido segnale di risveglio: Perotti innesca El Shaarawy, pallone servito sopra il difensore per Dzeko, che con il controllo supera il portiere Bolek ma si allunga troppo il pallone, con El Shaarawy che non riesce da posizione defilata a infilare in porta. La Roma continua a fiammate, ma non riesce a incidere come dovrebbe, manca sempre la giocata giusta. Che stavolta non arriva nemmeno con l’ingresso di Francesco Totti (dentro con Florenzi al posto di El Shaarawy e Iturbe). Si torna dunque in Italia con un punto e qualche perplessità in più. Per Spalletti c’è ancora molto da lavorare.

Francesco Trinca

Entra Totti nella ripresa e la Roma rialza la testa. All’Olimpico una grande Samp è costretta alla resa.

Totti è ancora al centro della Roma. E’ il capitano, su rigore concesso al fotofinish per fallo di Skriniar su Dzeko, a firmare il successo sulla Sampdoria all’Olimpico: 3 a 2. Ma la trasformazione finale è solo la conclusione più concreta di una prestazione di altissimo spessore, ricca di contenuti tecnici e psicologici. Entrando in campo dopo l’intervallo (e dopo il diluvio che ha costretto l’arbitro a sorprendere il match per 65 minuti), tutto è sembrato meno che quarantenne. Giocate di classe per mandare in gol i suoi compagni, a cominciare da Dzeko che ha sfruttato l’assist per firmare il 2 a 2, e movimenti efficaci per aprire la difesa della Sampdoria. Ovviamente con grande lucidità, utile per trasmettere sicurezza al gruppo. E per restare in scia della Juve che è ancora a punteggio pieno. Totti, al debutto in campionato e alla sua stagione numero 25 in giallorosso, ha riacceso la Roma e anche il pubblico. Pochi tifosi, ma romantici. Che, tifando per il loro unico punto di riferimento, hanno accompagnato la squadra, fin lì timorosa, alla vittoria. Se ne sarà accorto Pallotta che, fino a giugno, ha anche pensato di non confermarlo per l’ultimo anno della sua carriera. Nel primo tempo, nonostante il vantaggio iniziale di Salah, i giallorossi hanno subìto la Sampdoria che, con il talento di Alvarez da trequartista, è riuscita a portarsi sul 2 a 1 con le reti di Muriele e Quagliarella, con Juan Jesus sempre protagonista negativo. Szczesny, indeciso su entrambe le reti blucerchiate, ha poi evitato che si arrivasse alla pausa sul 3 a 1: grande intervento su Quagliarella. Spalletti, nella lunga interruzione, ha aggiustato l’assetto iniziale, inserendo Totti per Perotti e Dzeko per El Shaarawy, decisivi per prendersi i 3 punti. Prima del recupero ha dato. Spazio anche a Iturbe per Nainggolan. Ma sono stati i primi due cambi cambiare lo spirito della squadra che nella ripresa ha meritato il successo per il numero delle occasioni create. Viviano è stato straordinario su Strootman, Dzeko e Salah. Solo Totti. È riuscito a ingannarlo, spiazzandolo su rigore. Che la Sampdoria ha contestato: leggero il tocco di Skriniar su Dzeko. Alvarez è stato espulso al rientro negli spogliatoi per proteste. Ma i blucerchiati, nel secondo tempo, si sono arresi prima dell’episodio finale. Perché la Roma, con il suo capitano in regia, ha alzato il ritmo. E ha dominato la gara fino al traguardo.

Francesco Trinca

La Roma vola alla volta di Cagliari con tanta voglia di riscattare l’eliminazione in Champions.

L’eliminazione nel preliminare di Champions, che possiamo definire senza dubbio clamorosa visto il risultato e la prestazione dell’andata, rischia di avere molteplici effetti in questa stagione per la Roma. In primis dal punto di vista economico, anche se è vero che la Roma teoricamente in questo momento non ha bisogno di vendere perché il 30 giugno scorso è scaduto il periodo relativo agli scorsi anni del FFP (e la squadra giallorossa è già sicura della multa non avendolo rispettato) e la dirigenza sembra aver confermato la rosa in blocco, evitando cessioni eccellenti in questa finestra. Quello che rischia di essere più deleterio è per la squadra è l’ambiente, che fra i processi messi in atto dalla stampa e un malcontento più che giustificato potrebbero incidere sui risultati anche a breve termine degli uomini di Spalletti, pregiudicando la stagione sul nascere. Sarà importante dunque reagire subito domenica sera a Cagliari ripartendo da una vittoria, avendo di fronte una squadra che per quanto ostica non sembra avere una rosa in grado di impensierire troppo la Roma.

A difendere i pali rossoblu ci sarà Storari, vero e proprio incubo per la Roma con le sue innumerevoli prestazioni eccellenti contro i colori giallorossi (su tutte Roma-Samp dell’aprile 2010): davanti a lui difesa a tre per Rastelli con Ceppitelli e Bruno Alves già sicuri del posto. Ballottaggio Capuano-Salomon per la terza maglia, col primo in vantaggio.

A centrocampo il tecnico dei sardi sembra essere orientato a confermare gli stessi uomini della prima giornata. Dunque Isla e Murru larghi sulle fasce, con Padoin, Ionita e Di Gennaro al centro per cercare di interrompere il palleggio romanista ed avere anche abbastanza qualità in impostazione. Ancora panchina in vista per Munari, pronto però a subentrare.

Davanti confermata la coppia Sau-Borriello anche perché sia Joao Pedro che Farias hanno svolto differenziato venerdì, entrambi alle prese con problemi fisici che molto probabilmente li terranno fuori dalla sfida di domenica sera.

I precedenti

Sono 36 le sfide fra le due compagini in Sardegna, con un conteggio totale di 14 vittorie cagliaritane e 13 giallorosse: 9 i pareggi quindi. Il primo incontro risale alla stagione 1964/1965 (la prima in Serie A per i rossoblu), terminata 1-0 per i padroni di casa con rete di Cappellaro. L’ultima sfida risale invece al febbraio 2015, quando la Roma si impose 1-2 con le reti di Ljajic e Paredes (M’Poku per il Cagliari).

I sardi hanno esordito con una sconfitta a Genoa alquanto particolare: dopo essere andati in vantaggio con Borriello, hanno sfiorato il raddoppio con un palo colpito da Giannetti e sul ribaltamento di fronte hanno subito il pareggio di Ntcham per poi subire nel minuto successivo lo svantaggio con Laxalt. Nel finale Rigoni ha firmato anche il 3-1.

A dirigere la sfida sarà Paolo Silvio Mazzoleni della sezione di Bergamo, assistito da Posado e Longo. Ben 18 i precedenti col fischietto lombardo, con cui i giallorossi hanno registrato 12 vittorie, 5 pareggi ed una sola sconfitta (2011/2012 a San Siro con il Milan). Per il Cagliari invece 13 incontri ed una sola vittoria (con la Fiorentina 1-0, febbraio 2014), accompagnata da 4 pareggi e ben 8 sconfitte.

Francesco Trinca

 

26 luglio 1921: nasceva Amedeo Amadei, l’Ottavo Re di Roma.

Il 26 luglio del 1921 nasce Amedeo Amadei, il primo ad essere insignito dell’appellativo di “Ottavo Re di Roma”.

A Roma, Amadei, non arriva in auto oppure in aereo. Il suo mezzo è la bicicletta, amica fedele che da Frascati lo portò fino a Testaccio, ad insaputa della famiglia, per la classica “leva annuale”. Il provino è positivo e la società giallorossa decide che necessita delle sue “gambe” proprio come il padre necessità invece delle sue “braccia” nel forno di famiglia a Frascati. Le sorelle riusciranno a convincere il pater familias a non impedire al giovane Amedeo la possibilità di far parte dei ragazzi della Roma accollandosi loro la parte di lavoro del “Fornaretto”.

Esordisce così in serie A il 2 maggio 1937 contro la Fioentina (2-2): “Amadei è una ottima promessa, ha lavorato con volontà e precisione, e non si è emozionato. Certo manca di esperienza…” (Cit. Il Littoriale, 3 maggio 1937). Ha solo 15 anni, nove mesi e sette giorni ed è ancora oggi il più giovane esordiente nella massima serie. La settimana successiva i giallorossi vengono travolti dalla Lucchese 5-1 ma Amadei segna il primo dei suoi cento gol in campionato con la maglia della Roma e, vista la giovane età, anche questo è un record ancora imbattuto.

Nella sua storia giallorossa attraversa l’epopea di Testaccio, il primo scudetto della compagine giallorossa, la guerra e la Roma in crisi finanziaria del periodo post-bellico. Un autentico genio del calcio nostrano, dotato di un tiro devastante associato a rara velocità. Basti pensare che il suo movimento tipico è aggirare l’avversario toccando la palla a sinistra e scattando sulla destra per poi ricongiungersi con il pallone. La Roma crede in lui e lo manda a farsi “le ossa” con l’Atalanta in serie B. Poi torna e conquista il posto da titolare.
È l’autentico trascinatore, a soli vent’anni, della trionfale stagione dello scudetto del ’42: i compagni lo lanciano negli spazi e lui s’invola siglando 18 reti.
Durante la semifinale di Coppa Italia contro il Torino nel 1943 viene convalidato un gol molto dubbio ai granata. Ne segue una mischia e qualcuno colpisce il guardalinee. Ne farà le spese Amadei che viene squalificato a vita. Solo tempo dopo si saprà che fu Dagianti il colpevole. Nel 1944 godrà di un’amnistia ma nel frattempo è scoppiata la guerra. Il calcio nazionale si ferma e riprende su base locale e i calciatori per vivere si dividono parte degli incassi.

Nel dopoguerra la Roma ha nel solo Amadei l’unica fonte per fronteggiare la crisi e decide di venderlo, non prima di disputare e contribuire alla salvezza nel campionato 1947/48 con diciannove reti.

Viene ceduto all’Inter e poi al Napoli ma, con la Roma nel cuore, ogni volta puntualizza che potrà decidere di non scendere in campo contro la compagine giallorossa nel caso in cui quest’ultima sia in difficoltà di classifica: “Non potete pretendere che io pugnali mia madre”. Altro calcio, altri sentimenti.

Scontato il suo inserimento nella Hall of Fame giallorossa dopo 234 battaglie e 111 gol. E’ nella coreografia del derby dell’11 gennaio 2015 “Figli di Roma, capitani e bandiere, questo è il mio vanto che non potrai mai avere“.

 

Francesco Trinca

 

Juan Jesus, da promessa a flop nerazzurro. A Roma per rilanciarsi.

Juan Jesus è già un romanista a tutti gli effetti. Oggi farà conoscenza dei suoi nuovi compagni di squadra, dopo la stretta di mano con Spalletti avvenuta ieri sera, al suo arrivo a Pinzolo .

Sposato, legato alla famiglia e agli amici, poco amante della vita notturna, Juan Jesus è arrivato all’Inter 4 mini e mezzo con aspettative molto alte. Nel 2010, anno in cui ha esordito in prima squadra con l’Internacional, aveva conquistato la Libertadores, nel 2011 è stato il turno del Sudamericano Sub20 e poi il Mondiale U20, in Colombia. Mancino, difensore centrale ma dotato di fisico e corsa che gli consentono anche di giocare sulla fascia, lascia i nerazzurri dopo 142 presenze, un gol e una sola espulsione. Nel 2015 fu squalificato con la prova tv per una gomitata a Chiellini, che gli costò la prima crisi con l’Inter. La seconda è della scorsa estate, quando ha capito che con la coppia Miranda-Murillo per lui ci sarebbe stato poco spazio. Voleva andare via subito, la spesa di poco meno di 4 milioni per acquistarlo era stata già ammortizzata, ma l’Inter non lo ha ceduto, nonostante Sabatini, in ottimi rapporti con il suo agente, lo seguisse. A

desso Spalletti gli chiederà di tornare quel giocatore che a 20 anni faceva innamorare mezzo Sud America e mezza Europa. Un difensore dal carattere ‘fumantino’ (lo scorso maggio h avuto un diverbio in campo con Mancini, che lamentava una mancata copertura), alla Roma Juan Jesus ha l’occasione di giocare titolare, in attesa del ritorno di Ruediger. Senza cali di concentrazione (che facevano infuriare gli allenatori dell’Inter), la Roma è pronta a scommettere che potrà tornare quello di una volta.

 

Francesco Trinca

Italia-Spagna 2-0 siamo ai quarti! Chiellini e Pellè affondano la Roja.

Bestie nere, furie rosse, chiamatele come volete, tanto l’unico colore che conta, qui a Parigi, oggi è l’azzurro. Meravigliosa, coraggiosa Italia: 2-0 alla Spagna, l’avventura a Euro 2016 continua. I detentori del titolo lasciano l’Europeo agli ottavi e forse chiudono un ciclo. Problemi loro: noi andiamo a Bordeaux, con una prestazione maiuscola, un copione “tipo Belgio” e Chiellini-Pellè nel tabellino dei marcatori. Non battevamo gli spagnoli in una competizione ufficiale dal ’94, l’ultima volta, a Kiev, ne avevamo prese quattro. Ma stavolta è un’altra storia. In tornei come l’Europeo, la gestione della fatica è un fattore chiave. E il turnover azzurro contro l’Irlanda paga dividendi, perché i ragazzi di Conte corrono, corrono, corrono. Anche De Sciglio, preferito a Darmian nel 3-5-2, è attivo a sinistra: chiude su un tentativo di Fabregas e propone cross interessanti, sul migliore dei quali Parolo trova l’incornata. Niente da fare, per il giocatore più paragonato a Tardelli l’appuntamento col gol in Nazionale è ancora rimandato. A cavallo della mezz’ora, però, gli azzurri beneficiano di tre minuti di follia di Sergio Ramos, che prima rischia l’autogol e poi abbatte Pellè al limite dell’area. Dov’è Pirlo, quando servirebbe? Negli Stati Uniti… ma non c’è nemmeno il tempo di evocarne la grandezza, perché la punizione di Eder porta al gol. De Gea non trattiene il fendente dell’oriundo, Giaccherini si avventa sul pallone e Chiellini, al 33′, mette dentro sul rimpallo. Esplode il settore del tifo azzurro, l’Italia è in vantaggio e se lo stramerita. Anzi, se De Gea non volasse per negare il raddoppio a Giaccherini, andrebbe al riposo avanti di due gol.

Il cronometro corre, si entra nell’ultimo terzo di gara e la Spagna, finalmente, si scuote. Senza De Rossi, l’Italia agevola il risveglio delle furie rosse, anche in un lunedì in cui hanno ben poco di furioso. Aduriz, Sergio Ramos e Lucas Vazquez (in campo al posto di Morata, che ha steccato la prova di maturità) falliscono tre chance, sebbene l’ultima sia stoppata dal fuorigioco. Poi s’iscrivono al tiro a segno anche Iniesta e Piqué, ma in porta c’è Buffon, mica l’ultimo della pista. Dentro Pedro, Insigne e Darmian per lo sprint finale. Lorenzo accende subito la luce, ma trova i guanti di De Gea. Dall’altra parte siamo a Piqué centravanti. E la mossa per un pelo non si rivela vincente, perché al 90′ Buffon è ancora strepitoso nel dirgli di no. Aggrappati ai guanti del capitano, resistiamo alla marea rossa montante. E quando il pallone corre sul lato opposto, Insigne allarga il gioco per Darmian, l’esterno del Man Utd mette in mezzo e Pellè confeziona il raddoppio tutto “made in Premier”. Game, set and match. Conte corre e non si ferma più. Come la sua Italia. Prossimo ostacolo la Germania, il 2 luglio. Occhio a darci per spacciati.
Francesco Trinca

A Lione esplode la gioia azzurra. Buona la prima per Antonio Conte.

Che Italia, signori. Che partenza a Euro 2016: sconfitto per 2-0 il favorito Belgio a Lione, con una prova tutta cuore e cervello, tutta in stile Antonio Conte. Il pareggio tra Irlanda e Svezia ci proietta al comando del girone: è lunga, è lunghissima, ma intanto è così.  Il primo tempo? Partiamo dalla fine: Clattenburg fischia l’intervallo e Buffon, prima di raggiungere gli spogliatoi, agita il pugno sotto la curva azzurra, che ricambia alzando i decibel. Gigi fa così perché ha appena incassato 46 minuti di conferme, esulta in quel modo perché l’Italia ha eseguito alla grande le istruzioni telecomandate da Conte in queste settimane. Si carica, il capitano, perché gli azzurri sono in vantaggio allo Stade des Lumieres, ed è un 1-0 che ci sta tutto. Equilibrio doveva essere il nostro credo: detto, fatto. L’Italia si muove come una testuggine, coprendo il campo con intelligenza e concedendo ai belgi appena un paio di tiri di Nainggolan nei primi venti minuti. Wilmots ha schierato i suoi in un 4-2-3-1 che diventa 4-3-3 a seconda della posizione di Fellaini, i cui avanzamenti decentrano Lukaku (molto nervoso) sulla destra. Ma la Nazionale di Conte, vestita di un 3-5-2 che non dovrebbe sorprendere nessuno, stupisce invece per la facilità con cui tiene in campo e crea gioco.  La dimostrazione di quanto sia delicato il meccanismo tattico di Conte? Basta guardare cosa succede quando salta un ingranaggio, come all’8′ della ripresa: Darmian perde un pallone banale, il Belgio libera la corsa di De Bruyne, che invita Lukaku nelle praterie. Buffon esce alla disperata, l’attaccante dell’Everton lo grazia e le parole di Gigi verso l’esterno del Manchester United sono inadatte alla fascia protetta in tv. Anche se in mezzo c’è un altro bel colpo di testa di Pellè deviato da Courtois, Conte chiarisce che non si scherza: fuori Darmian, dentro De Sciglio. E Hazard? Il capitano belga prova ad accendersi, ogni tanto, con qualche percussione delle sue. Va anche al tiro, sospinge un Belgio che va a strappi, come lui. Wilmots aumenta la potenza di fuoco, dentro Mertens per Nainggolan. Minuto dopo minuto, la pressione belga si fa più costante, anche se l’apporto di De Bruyne, altra stella di questa selezione, scarseggia. Nemmeno Origi e Ferreira Carrasco bastano ai diavoli rossi. Con il passare dei minuti l’unico ordine che arriva dalla panchina è quello che chiama alla strenua resistenza. Il pallone è deciso a non entrare, almeno nella porta azzurra. Perchè la zampata vincente arriva da Graziano Pellè allo scadere. A Lione esplode il boato tricolore. Buona la prima per l’Italia di Antonio Conte.

Francesco Trinca

Coppa Italia, trionfa la Juventus grazie a Morata. Il sogno del Milan termina ai tempi supplementari.

La Juventus vince la Coppa Italia battendo il Milan per 1-0 dopo i tempi supplementari nella finale all’Olimpico. Il gol decisisvo segnato da Morata al 110′. Il Milan perde l’ultimo treno utile per l’Europa. Con la sconfitta, in Europa League va il Sassuolo 6/o in campionato. “Sono molto contento per questa partita: un campionato e una coppa in più per il museo della Juve”. E’ il commento a caldo del match-winner Alvaro Morata, dai microfoni di RaiSport dopo la vittoria dei bianconeri nella finale di Coppa Italia. “Ieri l’avevo sognato – dice ancora lo spagnolo -. I miei amici mi avevano chiesto se avrei giocato dall’inizio e avevo detto loro di no. Allora mi avevano detto ‘entrerai e farai gol’: se tutte le finali fossero così sarebbe bellissimo”. “E’ il bello del calcio – insiste Morata -. Qui in tribuna c’erano mio padre e miei amici, penso anche alla mia fidanzata che da quando sto con lei sono un altro anche in campo”. “Complimenti al Milan – conclude -, che ha giocato una grande partita: è stato difficile batterli, ma alla fine è il risultato ciò che conta. Dove sarò nella prossima stagione? Per me questa non è finita, prima devo fare la mia parte agli Europei e quindi non posso pensare ad altro”. Al termine della finale di Coppa Italia persa allo stadio Olimpico per 1-0 ai supplementari contro la Juventus, la Curva Sud che ospita i tifosi del Milan si è divisa su come valutare la sconfitta. La maggior parte dei supporters rossoneri ha comunque apprezzato lo sforzo nell’ultima partita di stasera, applaudendo a lungo la squadra di Brocchi. Si dissocia invece uno spicchio di curva, che rimane vuoto ed esibisce due striscioni emblematici: “Indegni” e “Vergogna”.

Francesco Trinca

Fra tre giorni partirà il pre-ritiro azzurro. Il 31 Conte ufficializzerà i convocati per Euro 2016.

È stato giocatore, sa cosa vuole dire un infortunio alla vigilia di un Europeo: Antonio Conte lo ripete spesso in questi giorni ai collaboratori, spiegando la sua ansia mentre lavora a ritmo serrato per preparare la spedizione in Francia e definire la lista dei 23 azzurri. Le scelte, gioco forza, non potranno infatti essere immediate né scontate. A complicare la situazione della sua Italia ci si sono messi gli infortuni – quello di Marchisio in testa -, i tanti azzurri reduci da problemi fisici e con poca brillantezza nelle gambe (Verratti o Thiago Motta) o i titolari che hanno perso il posto nei loro club (Eder o Pellè). Il momento delle scelte e della preparazione è arrivato. A due settimane dal via dell’avventura le riunioni con lo staff si moltiplicano. Non ci sarà spazio per Balotelli, perché la filosofia di Conte e il modo di vivere il calcio del milanista sono antitetici, né bastano poche partite per meritarsi l’azzurro; Pirlo e De Rossi hanno timide chance di un ultimo appello viste le difficoltà a centrocampo; Rossi è out; ci sarà spazio per new entry nel test al via il 18 maggio, da Pavoletti a Zappacosta, passando per Baselli, Benassi, Rugani, Belotti. Ma prima dei nomi, Conte sceglierà il criterio: la forma fisica, la capacità di arrivare carichi all’Europeo. Il 16 maggio una prima lista di 25-26 giocatori per il preritiro a Firenze, esclusi i giocatori impegnati nelle finali di coppe (Milan,Juve, Psg, più Darmian e Okaka: in tutto 13); il 23 gli azzurri da Europeo più 3 o 4 giovani di prospettiva da portare in Francia comunque, come riserve e per fargli fare esperienza; entro il 31 l’ufficialità all’Uefa, con la possibilità di cambio per infortunio fino all’ l’11 giugno. Il ct, che ad autunno pensava al possibile rinnovo azzurro e ora, dopo aver scelto un ritorno al campo quotidiano, continua a non darsi pace del poco spazio concesso alla nazionale e della data scelta per la finale di Coppa Italia, userà l’unico ‘stagè concessogli per capire: i 3 giorni di preritiro faranno da selezione psico-fisica, al pari del rendimento nelle finali di Coppa per gli altri.15

Francesco Trinca