Pagine Romaniste (F. Belli) – Lo stoico Epitteto diceva : “Nessuno è libero se non è padrone di se stesso”. L’uomo veramente libero quindi può scegliere di fare una cosa piuttosto che un’altra, anche se sbagliata. La chiave di tutto è la scelta. E così nel gergo calcistico il “libero” è il difensore che, sciolto dall’obbligo di marcare un avversario, può tenere la palla e impostare l’azione come un vero e proprio regista arretrato. Ruolo nato in Svizzera negli anni 30′ col Servette di Rappan, ha raggiunto poi il culmine col suo più celebre interprete Beckenbauer, salvo poi cessare di esistere col fuorigioco e la difesa a zona. E’ un ruolo, quello del difensore libero, che ha rivoluzionato il calcio. A Roma questa rivoluzione è stata importata da Sergio Santarini. Cresciuto calcisticamente nel Rimini, si fa notare in un’amichevole col Venezia che l’aveva richiesto solamente per l’occasione contro il Santos. In quella partita, a 20 anni, marca il giocatore più forte del mondo Pelè in maniera formidabile, senza concedergli il minimo spazio. Viene così notato e poi acquistato dall’Inter di Herrera, che lo ha impiegato come sostituto dello storico libero nerazzurro Armando Picchi. E cosi quel giovane stopper si trasforma in libero, imparando dal compagno di reparto.
L’arrivo a Roma e la rivoluzione col barone
Quando il mago prende il treno in direzione Roma, che è sempre il treno più bello che parte da Milano, se lo porta con se, preferendolo a “Core de Roma” Losi. Ma la svolta arriva col barone. Come lo stesso Santarini dirà: “Ora mi torna in mente il ritiro di Brunico. Proposi a mister Liedholm di modificare il nostro sistema di gioco. Accettò immediatamente, aggiungendo con il suo sorriso e il suo modo di fare: ‘Però… mi date una mano?!’. Insieme a lui, e lo dico con sincera umiltà, siamo stati i primi a rivoluzionare il calcio italiano lanciando il modulo a zona. Grandi critiche agli inizi, ma la strada da seguire sarebbe stata quella. Scelgo questo episodio perché la Roma, altrimenti, non sarebbe diventata quello che è diventata”. Una rivoluzione, quella di cui Santarini fu ideatore e in parte artefice, che porterà la Roma a vincere lo scudetto nel 1983. Uno scudetto che non vedrà mai, perché se ne era già andato al Catanzaro. Non è ormai così giovane da reggere la difesa a zona, non a caso già nell’ultima stagione aveva perso il posto da titolare. Ma come dirà Falcao al termine di quella cavalcata gloriosa: “Se oggi abbiamo vinto lo dobbiamo anche a tutti quelli che hanno iniziato il lavoro con noi tre anni fa. Mi riferisco a Santarini…”. Questa è la storia di “Santa“, un vero e proprio sognatore, perché senza sogno non esiste la rivoluzione. Pagine Romaniste (F. Belli)