Fonseca, un disastro tattico: la difesa giallorossa è un colabrodo

Paulo Fonseca (Getty Images)

(R.Rodio) – Basterebbero i numeri, i dati più spiccioli, per far capire come sia stata disastrosa la stagione della Roma. In particolare a livello tattico e strategico, con attenzione particolare ad una fase difensiva mai apprezzabile.

I giallorossi, sotto la guida di Paulo Fonseca tra il 2019 ed il 2021, hanno incassato 107 reti in campionato. Una cifra impressionante, con ancora due gare della stagione in corso da disputare. Numeri da media-bassa classifica, nonostante la sua Roma fosse comunque, a prescindere dal piazzamento attuale, in corsa per i primi quattro posti.

Altro numero che spaventa: la seconda Roma fonsechiana ha subito gol da tutte le 19 contendenti di Serie A, tranne una. L’Udinese è l’unica squadra che tra andata e ritorno non è riuscita a bucare la porta di Pau Lopez e Mirante.

Ma di chi è la colpa di questo disastro? Non va certo trovato un unico capro espiatorio, ma di certo la Roma non può considerare i propri difensori dei brocchi all’improvviso, visto che nelle proprie fila vanta elementi ben rilevanti: Mancini è nel giro della Nazionale italiana, Ibanez e Kumbulla considerati da tutti due stelle nascenti, Smalling un leader d’esperienza. Senza parlare dei terzini Karsdorp e Spinazzola e della ‘generosità’ di Bruno Peres.

Il problema è la preparazione difensiva, che comprende i movimenti e le posizioni di tutti i reparti. Così come l’attenzione troppo spesso carente. Qui iniziano i difetti di Fonseca e del suo staff, che già dalla stagione 2019-20 aveva messo in mostra una incapacità di preparare la fase di contenimento, tranne in qualche sporadica prestazione da clean sheet.

Il passaggio dalla linea a 4, sempre utilizzata in passato da Fonseca, a quella a tre nel periodo post-lockdown sembrava aver rivoluzionato la Roma. Nel luglio-agosto 2020 i giallorossi, schierati con una sorta di 3-4-3, hanno perso solo una partita a Napoli, per poi ottenere 8 risultati utili consecutivi e 11 reti subite, un dato non così eccessivo.

Ma nel calcio si sa, non basta un esperimento per migliorare e creare un progetto tattico concreto. Serve allenamento, esperienza e gli interpreti giusti. Nel 2020-21 la difesa a tre di Fonseca è stata letteralmente devastata. Il suo modulo ha visto i tre centrali troppo spesso isolati, incapaci di difendere a zona e poco inclini a mandare in off-side gli attaccanti avversari.

Per non parlare dei numerosi errori in fase di impostazione, visto che gente come Ibanez o Kumbulla non sono effettivamente in grado di far partire l’azione. Senza l’aiuto degli esterni e di un mediano vero e proprio, il modulo di Fonseca ha iniziato a fare acqua da tutte le parti. Non a caso sono arrivate le goleade subite contro Atalanta, Lazio e Manchester United. Neanche l’inserimento di Cristante come centrale d’eccezione ha migliorato le cose.

I costanti infortuni di Smalling hanno complicato le cose per gran parte dell’annata. Fonseca è stato persino costretto a ripescare elementi ormai in cantina come Fazio, Juan Jesus e Santon, o gettare nella mischia l’inesperto Reynolds, continuando a fare figuracce assolute. Tutto ciò ha messo in luce uan fase difensiva scialba e distratta, ma anche le qualità forse sopravvalutate dei calciatori romanisti.

Nelle ultime gare Fonseca è tornato alla linea a quattro. Si dice sia un’indicazione del suo futuro successore e compaesano José Mourinho, che ama costruire le proprie squadre proprio su questo tipo di schieramento arretrato. Ma le cose non sono cambiate: formazione lunga, zero protezione dal centrocampo e difensori lasciati soli al loro destino. Inter-Roma 3-1 di ieri è l’esempio di come il tecnico ex Shakhtar non abbia lavorato sulle coperture preventive, sul baricentro da abbassare, sulla fase di pressione costantemente mal eseguita.

Un fallimento tattico generale testimoniato dai numeri che abbiamo già citato. La speranza futura è che Mourinho riparta proprio da questo, impostando una Roma meno spettacolare e votata al possesso palla ma più tendente al ‘non prenderle’, all’equilibrio e alla concretezza. Agendo sì sul mercato estivo, ma soprattutto nella preparazione, nel lavoro e nell’assimilazione di idee calcistiche meno moderne e più pratiche.