Le statistiche di Roma-Sampdoria 2-1: Fonseca indovina i cambi e Dzeko trascina al successo

(S. Valdarchi) – Dopo tanta attesa, riparte il campionato anche per la Roma, che contro la Sampdoria vince in rimonta, grazie alla doppietta di Edin Dzeko in risposta al vantaggio iniziale firmato da Gabbiadini. Gli uomini di Fonseca centrano il terzo successo consecutivo in Serie A, raggiungendo quota 48 punti, a -6 dall’Atalanta quarta in classifica. Vittoria figlia di una prestazione non brillante, in cui sono state messe a nudo le difficoltà dal punto di vista fisico dovute ai mesi di stop, ma citando il coro di una Curva Sud la cui assenza rende lo spettacolo meno avvincente: “Dammi tre punti, non chiedermi niente”, soprattutto questa volta, soprattutto in questa situazione. Non c’è il tempo per festeggiare però, perché i capitolini sono subito chiamati ad un altro impegno, domenica alle ore 17:15 a San Siro, dove saranno ospiti del Milan.

I numeri

Il pallino del gioco è stato, fin dal fischio d’inizio, in mano ai padroni di casa, ma guardando le statistiche la Sampdoria si è resa pericolosa quasi quanto la Roma. I dati infatti raccontano di una Samp in grado di andare al tiro 13 volte, contro le 16 dei capitolini, che hanno inquadrato lo specchio della porta una volta in più: 10 a 9. Il possesso palla è appannaggio della Roma, 61%, grazie anche all’atteggiamento dei blucerchiati che, passati in vantaggio dopo 11 minuti, si sono rinchiusi nella loro metà campo, provando a chiudere gli spazi e sperando di colpire in contropiede. Il baricentro dei doriani, infatti, è rimasto sempre piuttosto basso, 48,32 metri, con la differenza che nella ripresa gli uomini di Ranieri si sono allungati, circa 7 metri in media, lasciando margine tra le linee alla manovra giallorossa.

Anche il numero di passaggi riusciti è nettamente a favore della Roma, 520 contro i 282 degli avversari, mentre le formazioni hanno colpito un palo a testa, Jankto nel primo tempo e Kolarov da calcio piazzato sul risultato di 1 a 1. 10 a 8 i calci d’angolo battuti, con gli ospiti in grado di rendersi pericolosi nel finale di gara, a differenza dei romanisti che dalla bandierina non hanno mai impensierito seriamente Audero. Parità per quel che riguarda le parate7 a 7, con l’estremo difensore blucerchiato chiamato a due interventi decisivi. Nonostante i due squilli della Roma siano arrivati per vie centrali, Dzeko e compagni hanno preferito le fasce, in modo particolare la corsia mancina, per attaccare: 19 attacchi a sinistra, 10 a destra e 14 al centro.

Infine, nota sui cambi: delle cinque sostituzioni a disposizione, Ranieri ne ha utilizzate soltanto quattro a differenza del collega portoghese, che proprio con le forze fresche è riuscito a ribaltare il risultato e portare a casa i tre punti.

Le prestazioni individuali

Analizziamo le prestazioni di tre dei migliori interpreti romanisti, partendo da Jordan Veretout. Il centrocampista francese non ruba l’occhio, passa sottotraccia, ma effettua un lavoro fondamentale per gli equilibri della squadra. L’ex Fiorentina è, per distacco, l’uomo con più palle giocate nella gara, a quota 105 palloni toccati, dopo di lui Smalling a 79. Con il possesso a favore, la Roma di Fonseca si schiera a tre in difesa e ad abbassarsi ed impostare ci pensa proprio Veretout, con Diawara, nella sua serata peggiore da quando è a Roma, lasciato leggermente più alto. Un lavoro di impostazione della manovra che gli frutta 88 passaggi riusciti, ancora una volta il migliore tra i 31 scesi sul terreno verde dell’Olimpico. Sono 5 le palle recuperate e 2 i falli subiti. Veretout percorre 10,706 chilometri, appena 41 metri in meno rispetto a Ibanez, recordman giallorosso in questo dato. A dirla tutta, il numero 21 aveva anche provato a prendersi la scena, con un destro perfetto all’incrocio dei pali, ma Calvarese, applicando alla lettera un regolamento dissennato che già dal prossimo campionato verrà modificato, gli annulla il gol del pari per un tocco con il braccio di Carles Perez.

Altra nota positiva per la Roma sono i 29 minuti più recupero disputati da Lorenzo Pellegrini. Il numero 7 entra al 61′ al posto di un Pastore poco brillante e in una manciata di minuti illumina la serata romanista, ispirando la rimonta. Fonseca non lo rischia dall’inizio, per colpa di un recente affaticamento muscolare, ma l’estro e la tecnica sono rimasti quelli di sempre. Pellegrini, con la metà del tempo a disposizione rispetto al trequartista argentino, effettua 2 passaggi chiave ed al 64′, dopo circa 180 secondi dal suo ingresso in campo, offre ad Edin Dzeko un cioccolatino per la rete del pareggio. Nono assist per il romano in Serie A, terzo in questa speciale classifica a -1 dal Papu Gomez.

Chiudiamo in bellezza con Edin Dzeko. Il cigno di Sarajevo, da capitano e giocatore straordinario qual è, prende per mano una Roma impacciata, che fatica a costruire occasioni da gol e la trascina alla vittoria con due perle. Prima doppietta in stagione per il bosniaco, che sale a quota 14 reti in Serie A, a cui vanno aggiunte le 3 in Europa League, tutte quante realizzate su azione. Contro la Samp, oltre a finalizzare il gioco, funge da sponda per i compagni, da riferimento e uomo a cui affidare il pallone quando la squadra di Ranieri non concede spazi per le giocate nello stretto. Calcia 5 volte, prendendo sempre lo specchio della porta e battendo in due occasioni Audero. Crea 4 delle 7 occasioni da gol della Roma. Arrivato nell’estate del 2015 nella Capitale, il numero 9 continua ad infrangere record ed entrare di diritto nella storia romanista: con le ultimi due reti arriva a quota 104 realizzazioni con la maglia giallorossa, agganciando Pedro Manfredini alla quinta posizione della classifica marcatori all-time del club.

(S. Valdarchi)

La meglio gioventù – Andrea Bertolacci: un romano a Genova. Dagli inizi al Lecce all’estate da svincolato

(S. Valdarchi) – Il salto dalla Primavera al professionismo è tutt’altro che semplice, le carriere di diversi calciatori ne sono la prova. Altri invece riescono ad affermarsi ad alti livelli, ma pur essendo cresciuti nella squadra della propria città, la squadra per la quale da sempre fanno il tifo, non riescono mai a debuttare con quei colori. È il caso di Andrea Bertolacci, nato a Roma l’11 gennaio del 1991. Centrocampista dotato di un’ottima tecnica, entra a far parte del settore giovanile romanista nel 2006 e ci rimane per quasi quattro stagioni, giocando per un anno e mezzo con la Primavera di Alberto De Rossi. Il suo cartellino, in alcuni momenti diviso in comproprietà, resta della Roma fino al 2015, ma Bertolacci non ha ancora mai giocato un minuto con la società capitolina.

Tra Lecce e Genoa

Nel gennaio del 2010, la Roma decide di cedere in prestito per 18 mesi Bertolacci al Lecce, squadra allora in Serie B. Nella prima mezza stagione in Puglia, il classe ’91 disputa 6 gare e partecipa alla promozione dei salentini nella massima categoria. Nella stagione successiva arriva l’approdo in Serie A, con 9 presenze totali, numeri che convincono lo stesso il Lecce a riscattarlo. Il club romano però fa valere il diritto di contro-riscatto, concedendo ai pugliesi un altro prestito, questa volta secco, dalla durata annuale. Il 2011/12 rappresenta il campionato della sua consacrazione e termina con 28 apparizioni all’attivo e 3 reti, una delle quali proprio in un Roma-Lecce terminato 2-1.
Nell’estate del 2012 rinnova il suo contratto con la Roma, prolungando per 5 anni, ma viene ceduto a luglio al Genoa, in comproprietà. Rimane in rossoblù per 3 stagioni, giocando da titolare in un club di media-classifica e varcando la soglia delle 100 presenze in Serie A. In Liguria però si comincia a notare la sua tendenza ad infortunarsi, caratteristica che lo ha portato nella sua carriera a fermarsi 15 volte per problemi muscolari.

Gli anni a Milano e l’estate da single

Il 23 giugno del 2015, il ds romanista Walter Sabatini riscatta la metà del suo cartellino per 8,5 milioni di euro, prima di cederlo qualche giorno dopo al Milan per 20 milioni, all’interno dell’operazione che porta in rossonero anche Alessio Romagnoli.
Il primo anno a Milanello rimane ad oggi probabilmente il più felice della carriera di Bertolacci. Sinisa Mihajlovic lo considera una pedina fondamentale nel suo scacchiere tattico ed arriva a vestire con una certa regolarità anche la casacca azzurra della Nazionale. Dalla stagione successiva, invece, lo spazio il Lombardia per lui si riduce, fatto che porta la società a cederlo in prestito nel 2017, ancora una volta al Genoa.
Dopo l’ennesima parentesi genoana, il centrocampista romano resta a disposizione del Milan fino a giugno 2019, scendendo in campo però soltanto in quattro occasioni, tutte in Europa League. Il suo contratto viene portato a scadenza e trascorre l’estate da svincolato di lusso.

Alla ricerca del riscatto

I mesi passano, ma l’offerta giusta tarda ad arrivare e la stagione 2019/20 inizia con Andrea Bertolacci ancora senza una squadra. Le cose però cambiano in fretta e, ad inizio ottobre, arriva un’altra chiamata da Genova, questa volta sponda blucerchiata. Il classe ’91 firma con la Sampdoria un contratto con scadenza al giugno del 2020 ed esordisce il 20 ottobre al Ferraris, nel pareggio a reti bianche contro la Roma. Da quel momento in poi, Bertolacci gioca altre 6 gare sotto la guida di mister Ranieri, fino allo stop del calcio dovuto dal Coronavirus.

(S. Valdarchi)

Serie A, Sassuolo-Sampdoria 3-5. Goleada al Mapei Stadium, ventunesimo gol per Quagliarella

Gianluca Notari – Si è concluso il lo spettacolare anticipo delle ore 15 tra Sassuolo e Sampdoria. Gli ospiti vincono la sfida per 3-5, con un Quagliarella in forma stratosferica che sigla il 21° gol stagionale, ribadendo il suo primato in classifica marcatori, momentaneamente davanti a Cristiano Ronaldo e Piatek, entrambi a quota 19 reti.

Pronti via, la gara si sblocca al quarto d’ora: azione corale della Samp con Gabbiadini, che dalla destra serve un cross alto verso il secondo palo; Quagliarella con un contromovimento riesce a smarcarsi agevolmente del giovane Demirel e appoggia di sponda all’accorente Defrel, il quale stoppa con il petto e insacca con il sinistro alle spalle di Consigli. Il raddoppio arriva al 36° con il solito Quagliarella, che spara in porta con un destro dal limite dell’area. Dopo due minuti è Boga ad accorciare le distanze, che con un tap in raccoglie e spinge in rete la palla di Lirola. Prima della chiusura del primo tempo, però, gli ospiti vanno ancora in gol: azione simile a quella del primo gol, con Gabbiadini che dalla destra serve un assist ai compagni nel centro dell’area; Quagliarella fa il velo, Defrel stoppa e serve per Linetty, che di destro segna il 3-1 per i liguri.

Nel secondo tempo la musica non cambia, con i doriani sempre in pieno controllo del match. Dopo appena un minuto, infatti, è ancora la Samp ad andare in gol, con Praet che in spaccata raccoglie al volo il bel cross di Murru. Poco dopo è Duncan a siglare il più classico gol dell’ex, con un sinistro da fuori area che supera Audero con la complicità di Andersen, che devia la traiettoria del pallone. Ancora la gli uomini di Giampaolo arrivano in rete con Gabbiadini, mentre l’ultimo acuto della partita è di Babacar, che segna uno splendido gol a giro da fuori area. Da segnalare, al momento della sua sostituzione, la standing ovation di tutto lo Stadio Mapei per Fabio Quagliarella, che festeggia con questa bella prestazione il suo ritorno in Nazionale.

Gianluca Notari

2011, Roma-Sampdoria 3-1. L’ultima partita dell’era Sensi, Welcome to “Fabulous” America

Luca Fantoni – “Born in the Usa” direbbe “The Boss”, Bruce Springsteen. Quel 22 maggio 2011 nasce ufficiosamente la nuova Roma americana. Ad una cosa che sorge ne corrisponde però sempre una che tramonta, è un ciclo. La partita contro la Sampdoria segna la fine dell’era Sensi, prima quella di Franco e poi quella di Rosella. 18 anni che hanno segnato la storia giallorossa. Sconfitte, delusioni ma anche uno scudetto e sicuramente tanto cuore, perché prima di essere presidente, Sensi era un tifoso. Ma torniamo a quel giorno. Avete presente il famoso cartello “Welcome to Fabulous Las Vegas”? Idealmente divide l’aridità del deserto del Nevada e le mille luci della città che non dorme mai. Dopo quel match di fine stagione, i tifosi romanisti si sentivano come se avessero superato quel cartello. Le aspettative sulla nuova proprietà erano alte, forse troppo. I risultati sono stati deludenti, è un dato di fatto, ma non si può dare tutta la colpa a Pallotta e soci. Hanno preso una società sull’orlo del fallimento e stanno cercando di riportarla in alto, combattendo con l’atavica condizione di “Eterna seconda” che è propria della Roma. La vittoria sui blucerchiati permise ai capitolini di iniziare la nuova era giocando l’Europa League. In panchina sedeva Montella. In porta c’era Lobont e davanti a lui Loria e Burdisso, con Riise e Rosi sulle fasce. Il centrocampo a tre era formato da Perrotta, Taddei e Pizarro con Totti dietro a Vucinic e Borriello. I blucerchiati, già retrocessi, con Cavasin in panchina, avevano tra i loro migliori giocatori Ziegler, Palombo e Biabiany.

LA PARTITA – Quella stagione non è stata di certo esaltante, sopratutto se si pensa all’anno precedente, con Ranieri alla guida, quando proprio contro la Sampdoria, la Roma si vide sfuggire uno scudetto storico. Lo stadio è mezzo vuoto ma l’occasione resta comunque di quelle speciali. E proprio per questo i giallorossi non iniziano con il piede giusto. Al 26° infatti, Mannini raccoglie una corta respinta di Lobont e segna. Dopo 4 minuti però, è Totti a liberarsi in area e a lasciar partire un destro imparabile per Da Costa. Dopo il pareggio i capitolini si spingono in avanti, hanno molte occasioni, ma il gol del vantaggio arriva solo al 71°, con Vucinic che si libera con una finta e in spaccata mette in rete. Il sigillo del definitivo 3-1 porta la firma di Marco Borriello che con un tiro sporco ribadisce nella porta avversaria una punizione respinta di Totti. Nel finale accadono due eventi rilevanti. Fa il suo esordio in maglia giallorossa Alessandro Florenzi, un ragazzo di cui sentiremo parlare negli anni a venire e il capitano abbraccia Rosella Sensi, ponendo definitivamente la fine ad un’epoca.

Da Bruce Springsteen a James Brown, da “Born in the Usa” a “Living in America”. C’è un pezzo in quella canzone che fa “Da qualche parte durante la strada potresti trovare chi sei”. Ecco, la Roma ancora non ha trovato sé stessa. Non ha ancora capito se può diventare una grande squadra o se sarà per sempre relegata al ruolo di eterna incompiuta. Questa stagione ne è l’emblema. Si è passati dalla beatificazione dopo la partita con il Chelseaal disfattismo più totale dopo questo periodo di crisi. Vivere di pallone nella capitale significa anche questo, oscillare tra bianco e nero senza vedere mai i grigi. La società si può criticare per alcuni aspetti ma difficilmente si può ricordare una Roma con un parco giocatori così forti, sopratutto lo scorso anno. L’obiettivo da perseguire è togliere quello 0 dalla casella dei trofei vinti nell’era a stelle e strisce. Difficilmente il risultato contro la Sampdoria potrà cambiare il corso di questa stagione ma come cantavano i Morcheeba, “Rome wasn’t built in a Day”, Roma non è stata costruita in un giorno ma prima poi si deve iniziare a farlo.

Luca Fantoni

1988, Sampdoria-Roma 0-2. In un Marassi trasformato in cantiere, Völler e Massaro firmano la vittoria

Luca Fantoni – Siamo alla fine degli anni 80, precisamente a dicembre del 1988. In discoteca i ragazzi ballavano i Duran Duran e Michael Jackson, ad Anversa un piccolo Nainggolan compiva 8 mesi e a Roma i tifosi giallorossi vivevano uno dei tanti periodi sofferti della loro storia. I “Wild Boys” del Liedholm 3.0 sono solo un ricordo sbiadito della squadra che ha vinto il secondo scudetto. I capitolini alternano buone gare a clamorose debacle, come quella con la Dinamo Dresda in Europa. Se per la Roma quello non fu un periodo da ricordare, non si può dire lo stesso per il movimento calcistico italiano che si apprestava a vivere il suo momento di massimo splendore, iniziato con il mondiale del 90’. Proprio per quella manifestazione vennero rimodernati tutti gli stadi, compreso Marassi. La squadra di Leidholm si trova quindi a giocare in un cantiere a cielo aperto. La porta è difesa da Tancredi. La retroguardia a 5 è composta da Tempestilli, Nela, Manfredonia, Oddi e Collovati. I tre di centrocampo erano Policano, Desideri e Giannini con “il tedesco volante” Rudi Völler e Massaro in avanti. La Sampdoria di Boskov, che al contrario dei romani si apprestava a vivere gli anni migliori della sua storia, schierava negli undici i due ex Vierchwood e Cerezo ed anche i gemelli del gol Vialli e Mancini.

LA PARTITA – Con un ultimatum a Liedholm. Così si presenta la Roma a Marassi. A causa dei risultati deludenti, il presidente Dino Viola aveva dato un termine di 8 giorniall’allenatore per risollevare le sorti della squadra. L’ambiente non era quindi tra i più sereni. L’inizio del match fa presupporre che lo svedese, al panettone, non ci sarebbe mai arrivato. La Sampdoria attacca e va vicinissima al gol più volte con Mancini e Cerezo, ma un Tancredi in grande giornata e un intervento quasi sulla linea di Manfredonia, evitano lo svantaggio. Al 35° i giallorossi, a sorpresa, segnano. Il difensore Antonelli effettua un retropassaggio sciagurato per il proprio portiere Pagliuca che non è deciso nell’uscita e si fa trafiggere da Voeller, un vero rapace d’area di rigore.Nella ripresa il copione non cambia. Ci prova prima Dossena e poi Victor Muñoz ma il colpo di testa dello spagnolo si infrange sul palo. A 13 minuti dalla fine però, i capitolini colpiscono ancora in contropiede. Giannini, con uno splendido passaggio in profondità, chiude un triangolo con Massaro il quale supera Pagliuca in uscita. 2-0 e giallorossi che ottengono la loro 5° vittoria nella storia sul campo della Samp.

Forse non ci saranno ultimatum per Di Francesco ma la situazione è critica. Pareggiare a Milano con l’Inter, di per sé, non è un cattivo risultato ma in un momento come questo serviva solamente la vittoria. A Marassi non sarà facile. 30 anni fa la Roma vinse grazie ai suoi due attaccanti, ora non si sa neanche chi sarà il centravanti titolare. Dzeko sembra già con la valigia pronta per Londra, sponda Chelsea. È una perdita enorme per i capitolini, sopratutto se non dovessero riuscire a sostituirlo a dovere. Schick può rappresentare un’alternativa? Forse, ma con ancora tutta una stagione da giocare, con lo spettro del non ingresso in Champions League l’anno prossimo, vale davvero la pena di rischiare? Le risposte ce le darà il campo. Sempre oscillante tra amore e odio, Dzeko è stato “vittima sai di un bilancio sbagliato come cantava Julio Iglesias. Ora che i conti però torneranno a posto, è compito e dovere di Monchi cercare di costruire una squadra che sappia riportare un trofeo a Roma dopo 10 anni.

Luca Fantoni