La Roma, il tiro da fuori area e l’NBA come modello

(Jacopo Venturi) – La Roma di Paulo Fonseca ha a sua disposizione un arsenale invidiabile quando si parla di tiratori. È lungo infatti l’elenco dei calciatori a disposizione del tecnico portoghese con spiccate doti balistiche: Dzeko, Under, Zaniolo, Veretout, Pellegrini, Kolarov e anche Florenzi. Perché dunque non sfruttare questo potenziale? Nel calcio il tiro da fuori è visto come una extrema ratio, una soluzione finale, alternativa utile se non si riesce a costruire un’azione che possa creare un tiro più “comodo”. Non solo nel calcio, ma anche nel basket era questo l’approccio verso il tiro dalla lunga distanza fino a poco tempo fa. Nel mondo della palla a spicchi, però, da qualche anno, è cambiato tutto. Sono arrivati i Golden State Warriors di Steve Kerr, che, con Steph Curry e Klay Thompson ai suoi ordini, hanno rivoluzionato il gioco. Gli “Splash Brothers” costituiscono una minaccia costante dall’arco e questo porta due vantaggi: il potersi servire con continuità del tiro più redditizio, poiché vale tre punti, e il costringere le difese avversarie a raddoppi che creano lo spazio per altre giocate. Ora, la Roma non potrà avvalersi del primo vantaggio, causa regolamento, ma potrebbe benissimo sfruttare il secondo. La chiave del meccanismo è la sistematicità: tutto ciò non può funzionare senza una ricerca costante di quel tipo di tiro, che deve essere tentato anche in ampi volumi per essere veramente redditizio. Si provi a immaginare uno scenario tipo. Edin Dzeko potrebbe cercare di sfruttare le sue doti fisiche e tecniche per smarcarsi e crearsi lo spazio per tiri da fuori area, magari anche scomodi, ma che riescono ad attirare la difesa su di lui vista la sua pericolosità. Il bosniaco avrà buone possibilità di concludere l’azione con un nulla di fatto, ma sono anche da considerare i casi nei quali il tiro riesca a partire oppure che il raddoppio di marcatura eventuale liberi a sua volta un compagno meglio posizionato. Se si immagina questa situazione tattica con tre o quattro giocatori che si muovono armoniosamente per cercare la propria “mattonella”, lo schema può diventare difficile da contrastare per le difese. Insomma, non è facile che il tiro da fuori si imponga come standard tattico nel calcio, al pari di quanto ha fatto invece nel basket, ma sarebbe quantomeno interessante vedere allenatori moderni e audaci come Fonseca esplorare al meglio una soluzione troppo spesso lasciata alla casualità.

(Jacopo Venturi)