Smalling, l’unica certezza in una Roma da rilanciare

(K.Karimi) – Infortuni, pareggi deludenti, arbitri e VAR da rivedere, una strategia offensiva in calo a livello di numeri. Tanti i difetti e le pecche in questo inizio di stagione della Roma, che è quinta in classifica e in piena lotta per il quarto posto Champions, ma con la sensazione di aver sprecato almeno un paio di partite per portarsi in vantaggio rispetto a varie pretendenti.

L’unica certezza per una Roma che ha bisogno di rilanciarsi subito dopo la sosta per le Nazionali, per non rischiare di dover rincorrere come fatto per tutta la scorsa stagione, riguarda la difesa. In particolare un elemento arrivato a sorpresa in estate, nelle ultime settimane di mercato: Chris Smalling, coriaceo stopper inglese classe ’89, che vanta tre presenze ufficiali in campionato e altrettante prestazioni più che positive.

La Roma non risolverà ogni suo problema con Smalling, ma intanto si è assicurata un centrale di alto rango, fisicamente integro e forte, uno stopper vecchia maniera che ama utilizzare la più secca e semplice sciabola piuttosto che rintuzzare il fioretto. Pochi fronzoli e tanta sostanza, ma anche senso della posizione, esperienza e leadership per colui che il 30 giugno prossimo dovrebbe tornare a Manchester per fine prestito. Petrachi permettendo…

Tra i volti nuovi estivi della Roma di Fonseca è finora quello col rendimento, in media, più alto: Pau Lopez non ha deluso, ma deve ancora dimostrare di essere un portiere ‘top’. Mancini alterna prestazioni eleganti a prove ancora immature. Spinazzola quando spinge è un’ira di dio, in difesa invece tende a vacillare. Diawara si è fermato sul più bello. Veretout ha strappi da campione, ma quando c’è da gestire va in difficoltà. Mkhitaryan ha dato solo un assaggio di qualità, viste le condizioni atletiche non esaltanti. Kalinic deve mettere ancora benzina e ritmo nelle gambe. Infine Cetin e Zappacosta non si sono mai visti per via dei rispettivi infortuni più o meno gravi.

In tutto questo marasma Smalling è una certezza, un punto fermo, pronto da subito a togliere il posto a due veterani come Fazio e Juan Jesus. La Roma riparta dalla solidità dell’inglese, elemento già centrale per la stagione in corso.

 

“Falcao ottavo re”, mostra a Roma

Pagine Romaniste (F.Belli)E’ il giorno di San Lorenzo del 1980. Cadono le stelle, e ogni cuore giallorosso chiede al cielo un miracolo: la Roma campione. Questo rito si ripete ininterrotto da 4 decenni. Solo un miracolo può realizzare questo miraggio. Il miracolo si chiama Paulo Roberto Falcao da Xanxere. Non è quindi facile spiegare cosa abbia rappresentato quel genio con i capelli ricci per un tifoso della Roma. “Tu mi hai accompagnato negli anni più belli della vita”, questa la frase che racchiude il pensiero di qualsiasi tifoso che l’abbia visto solcare il prato dell’Olimpico incisa all’ingresso di una mostra a lui dedicata in Piazza Navona, nell’Ambasciata Brasiliana. L’esposizione, che terminerà il 13 settembre, contiene alcuni cimeli e 52 foto che ripercorrono tutta la carriera del fuoriclasse brasiliano, dagli esordi al Mondiale di Spagna ’82, alle esperienze con i club, passando per le spedizioni internazionali con la Selecao. Tutte le immagini sono racchiuse in due stanze principali e ognuna di esse racchiude un momento importante della carriera del giocatore. La mostra diventa una sorta di racconto del mito, la narrazione di una vita fuori dal normale. Sono tanti gli scatti iconici legati a Falcao ed esposti: l’esultanza per il momentaneo goal del 2-2 all’Italia nel Mondiale di Spagna, gli abbracci con i vecchi compagni Di Bartolomei e Conti e quelli con l’avversario di sempre, Maradona. C’è’ poi anche una terza stanza, all’interno della quale è proiettato un documentario prodotto da Roma TV.

Nella città eterna è stato battezzato come l’ottavo re di Roma, un soprannome pesante, il successore del Superbo a quasi tre millenni di distanza. Un regista elegante ma anche sintetico, sopraffino e duttile, ma soprattutto estremamente intelligente. Iconico il 5 preteso sulla maglia, numero che nella sua terra natia indicava “o comandante do jogo”, il comandante del gioco. Un servo naturale della bellezza, un po’ la personificazione della mentalità verdeoro di quella generazione, per la quale il divertimento era l’essenza pura del calcio. Ma anche concreto. Celebre l’aneddoto secondo il quale nel giorno della sua presentazione il patron Viola gli chiese di cimentarsi in qualche giocata spettacolare per entusiasmare i tifosi. Falcao rispose con un colpo di tacco e vari numeri ma alla fine ammonì il presidente, chiedendogli di non pretendere più che facesse la foca ammaestrata. Era fatto così il divino: grande personalità e classe ma poco incline alla goliardia. Un artista del pallone che ha cambiato il destino di tutte le società dove ha militato.

Esordisce all’Internacional de Porto Alegre con cui vince tre campionati e due premi come miglior giocatore del campionato. Il club brasiliano prima del suo avvento non aveva vinto nessun trofeo di tale portata. Nell’80’ lo sbarco in quella che anni dopo definirà la sua seconda casa. E pensare che a Fiumicino i tifosi aspettavano trepidanti un altro brasiliano, ben più celebre del suo connazionale, un certo Arthur Antunes Coimbra, più noto come Zico. Nessuno all’inizio ha vagamente percepito l’importanza del suo arrivo, salvo poi ricredersi. Uno straniero che avrebbe trasformato la Rometta scarsa e perdente dei decenni precedenti in un club capace di arrivare ad un gradino dal tetto d’Europa, bloccandosi contro l’invincibile Liverpool di Grobbelaar. – Pagine Romaniste (F.Belli) 

 

 

Calma Spinazzola: “C’è tanto tempo per recuperare”

Anche in azzurro, Leonardo Spinazzola va veloce. Su entrambe le fasce. «Ma se gioco a sinistra da tutta la vita c’è un motivo. Mi trovo meglio lì: poi se devo giocare a destra lo faccio, ma il mio calcio cambia» (…) La classifica? «Siamo tutti lì. La Juve  ha qualcosa in più. La Roma ha cambiato tanto, Fonseca crea aspettative. Meno gol? È un dato fine a se stesso: nelle ultime partite abbiamo creato tanto. A volte tiri tanto e fai a malapena un gol, e pure fortunato, come è successo a me in Europa League. Ma c’è tempo per risalire».

Fonte: Gasport