La Roma sceglie il nuovo ds, sarà Petrachi a raccogliere l’eredità di Monchi

Alice Dionisi – Sarà Gianluca Petrachi il nuovo direttore sportivo della Roma. Il club ha scelto di puntare sull’ex del Torino dopo il disastroso operato di Monchi nella Capitale, conclusosi con la rescissione contrattuale dopo l’esonero del tecnico Di Francesco, pupillo dello spagnolo, e l’eliminazione dalla Champions League per mano del Porto. “La Roma rappresenta per me un’avventura ambiziosa e incredibilmente stimolante”, ha dichiarato Petrachi, “conosco bene le aspettative di un Club e di una piazza così importanti, proprio per questo ho accettato immediatamente questa sfida”.

Il salentino inizia la sua carriera da dirigente come team manager dell’Ancona nel 2003 (dopo essersi ritirato dal calcio giocato, vestendo la maglia del Taranto in C1), ma assume il ruolo di dirigente sportivo quando passa al Pisa nella stagione 2006/2007. Nel corso della sua gestione il club toscano riesce a passare dalla Serie C1 alla B, qualificandosi anche per i play-off di Serie A. A settembre del 2008 termina la sua avventura con il Pisa e passa un altro anno prima di vederlo di nuovo all’opera, ma questa volta su un palcoscenico più grande. A dicembre del 2009 viene ingaggiato per affiancare il ds uscente del Torino, Rino Foschi, che si dimetterà una settimana dopo, lasciando il timone a Petrachi. La sua avventura nei granata dura quasi 9 anni, fino a quando non arriva la chiamata della Roma. Sotto la sua supervisione il club di Urbano Cairo è passato dalla Serie B agli ottavi di Europa League, ma soprattutto gli ha fatto conquistare la fama di mago delle plusvalenze.

Tra i principali nomi dei calciatori acquistati e poi rivenduti ad un prezzo maggiore, spicca in primis quello di Ciro Immobile, ceduto al Borussia Dortmund per 18.5 milioni di euro. Seguono Darmian (acquistato a 2 milioni dal Palermo, rivenduto al Manchester United a 18), Maksimovic (arrivato dalla Stessa Rossa per 3 milioni, venduto al Napoli per 25), Zappacosta (al Chelsea per 25 milioni), Cerci (15 milioni, Atletico Madrid) e Glik (al Monaco per 11 milioni), incluso anche il giallorosso Bruno Peres, acquistato dal San Paolo per 2 milioni e rivenduto alla Roma per 12.5. Il profilo del ds salentino non è caratterizzato solo dalle cessioni, ma anche dagli acquisti che, nel corso degli anni, sono andati a formare la spina dorsale del Torino: a partire da Sirigu, preso a parametro zero dal PSG, passando per Belotti e l’ex Roma Iago Falque.

Alice Dionisi

Villa Stuart, inizia la stagione della Roma con le visite mediche dei giocatori

Luca Fantoni – Il 26 maggio scorso si concludeva la stagione della Roma, con l’addio di De Rossi e una grande sensazione d’incertezza guardando al futuro. Dopo un mese turbolento, scosso anche dalle dimissioni e dalle parole di Francesco Totti, i giallorossi sono però pronti a ricominciare. Ieri è sbarcato nella Capitale il nuovo allenatore, Paulo Fonseca, che con il suo entusiasmo sta provando a rivitalizzare un ambiente scarico dopo un’annata difficile. Oggi, con le visite mediche dei giocatori a Villa Stuart, la Roma ripartire, ma non al completo. Saranno assenti infatti i nazionali Olsen, Mirante, Florenzi, Manolas, Luca Pellegrini, Lorenzo Pellegrini, Kolarov, Cristante, Zaniolo, El Shaarawy, Dzeko, Under e Schick.

Luca Fantoni

Roma, via a raduno e visite mediche. Ufficiale l’arrivo di Petrachi

(Keivan Karimi) – La stagione della A.S. Roma comincia già oggi. I calciatori giallorossi, o almeno parte di loro, si sono radunati già in mattinata per le prime visite mediche a Villa Stuart, passaggio di rito per l’avvio della nuova stagione sportiva.

Tutti i calciatori che non sono stati impegnati con le rispettive Nazionali si sono ritrovati alla clinica per i controlli di rito. Tra questi Juan Jesus, Perotti e Pastore, che ha affermato ai cronisti presenti di essere pronto a restare in giallorosso.

Nel pomeriggio è arrivata l’ufficialità dell’ingaggio di Gianluca Petrachi come direttore sportivo della Roma; il dirigente si è liberato dal Torino (che prende i giovani Greco e Bucrì) e firma fino al 2022 con la società giallorossa. Sarà lui a fare il mercato della Roma a partire da questa sessione estiva.

Fonseca e il “metus hostilis” per ricostruire la Roma

Luca Fantoni – “Fonseca deve trovare un ambiente sereno e tranquillo, una strada percorribile senza intoppi”. Parole di Francesco Totti, alla conferenza stampa d’addio. Ovviamente, dopo tutto quello che è successo in questi ultimi due mesi, non sarà così. Paulo Fonseca si troverà ad affrontare una situazione spinosa e intricata e un clima tutt’altro che tranquillo. L’addio di De Rossi, insieme a quello di Totti, la delusione per un mercato che non sembra promettere grandi colpi, hanno depresso i tifosi romanisti tanto da renderli quasi indifferenti a questi sconvolgimenti giornalieri. Da un lato quindi, l’avventura di Fonseca a Roma inizia sicuramente con un handicap. Non potrà contare su quell’entusiasmo che si era vissuto per esempio con il ritorno di Spalletti che aveva permesso ai giallorossi, forti comunque di una delle migliori squadre degli ultimi anni, di rendere l’Olimpico un fortino, con 16 vittorie, 1 pareggio e 2 sconfitte. L’allenatore portoghese dovrà essere bravo a costruirselo questo entusiasmo, ed è qui che entra in gioco il metus hostilis. All’epoca dei romani, la presenza di un nemico comune, riusciva a compattare il popolo rendendolo più forte e stabile. La stessa cosa deve riuscire a costruire Fonseca, facendo leva su tutto quello che è successo in questo periodo e creando un nemico contro cui i giocatori possano unirsi. Si può puntare sullavoglia di rivalsa dei singoli dopo le brutte critiche ricevute quest’anno, o sulla voglia di dimostrare a qualcuno che ha snobbato la Roma che ha sbagliato, o anche, e forse sarebbe l’idea migliore, sulla volontà di far ricredere i tifosi. L’importante è che Fonseca riesca a ricreare, con l’aiuto degli acquisti giusti, quel grande gruppo che si era venuto a formare nell’anno della semifinale di Champions League.

GARCIA E DIALETTICA – Per gli allenatori stranieri ormai sembra quasi una maledizione arrivare alla Roma. L’ultimo fu Garcia che sbarcò nella capitale dopo la finale di Coppa Italia persa contro la Lazio, probabilmente il punto più basso della storia recente della Roma. Il francese arrivò tra lo scetticismo generale ma in poche settimane riuscì a far ricredere tutti, raggiungendo quota 85 punti a fine anno. Quella stagione è l’esempio perfetto di come avere un nemico comune possa compattare una squadra. Garcia, fin dal primo momento, difese i suoi giocatori arrivando anche ad attaccare i tifosi quando dal ritiro di Riscone di Brunico disse: “Quelli che criticano la società e i giocatori non sono tifosi della Roma. Al peggio, sono tifosi della Lazio”. L’atteggiamento fu molto rischioso ma pagò, con i calciatori che sembravano seguire il loro allenatore alla lettera. Entrò in gioco un elemento che Garcia sfruttò alla perfezione e che sapeva di poter padroneggiare: la dialettica. Molte delle uscite pubbliche dell’ex allenatore del Marsiglia sono poi risultate perfette sia per accendere nuovamente l’entusiasmo della tifoseria, sia per ricostruire la tenuta mentale di una squadra distrutta dopo quel 26 maggio. Tra una chiesa rimessa al centro del villaggio e i derby che non si giocano ma si vincono, l’anno magico di Garcia divenne tale proprio per la dialettica più che per una preparazione tattica perfetta. La stessa cosa dovrà fare Fonseca perché in momenti come questi è meglio un buon comunicatore piuttosto che un ottimo tattico. Se poi il portoghese riuscirà ad essere entrambi, la Roma avrà fatto bingo.

Luca Fantoni

Paulo Fonseca è sbarcato a Roma: “Sono molto felice e motivato”

Luca Fantoni – È il giorno di Paulo Fonseca a Roma. Il tecnico giallorosso con un volo da Kiev è sbarcato nella Capitale intorno alle ore 7.00 presso l’aeroporto di Fiumicino. L’allenatore prima andrà in albergo e poi si recherà a Trigoria per conoscere il nuovo ambiente e i dirigenti che non erano presenti all’incontro a Londra. Il portoghese martedì, assieme al suo staff e ai giocatori, sosterrà le visite mediche a Villa Stuart mentre per mercoledì è previsto il primo allenamento stagionale.

Queste le sue prime parole all’uscita dall’aeroporto: “Sono molto felice e motivato“.

Luca Fantoni

Totti saluta la Roma: “Io troppo ingombrante”

Alice Dionisi – Dalla Sala d’Onore del Coni al Foro Italico, Francesco Totti saluta la Roma per la seconda volta. Due anni dopo l’addio al calcio giocato, l’ex capitano si congeda anche dalla società, presentando le sue dimissioni dal ruolo di dirigente, a pochi passi dallo stadio che per anni è stata la sua casa, che lo ha visto crescere e vincere. Una decisione sofferta, ma necessaria. Non è un addio il suo, ma un arrivederci, perché non esclude che un giorno, con una proprietà diversa, possa tornare a rappresentare la squadra che ha sempre tifato, fin da bambino. Il rapporto con il presidente James Pallotta e con il suo consigliere Franco Baldini era incrinato da tempo ed è stata una delle principali cause della sua uscita di scena. L’ex numero 10 della Roma vuota il sacco e non si nasconde, ma fa nomi e cognomi. Uno dei capitoli della sua biografia “Un Capitano”, scritta con l’aiuto di Paolo Condò, è intitolato “La rivelazione dell’assassino”, in cui narra come sia stato proprio Baldini a confessare di aver voluto il suo ritiro. Un rapporto già compromesso, che è andato solo peggiorando durante la sua esperienza da dirigente, “Totti deve liberarsi dalla sua pigrizia”, “Scelsi Spalletti perché fu l’unico a non chiedermi garanzie sulla presenza di Totti in squadra”, “Il suo ufficio a Trigoria? Raul non ne ha uno al Real”. le frecciatine più memorabili da parte del consigliere di Pallotta. Dal complesso del Coni, Francesco racconta la sua versione della storia: “Uno dei due doveva uscire, quindi mi sono fatto da parte io. L’ultima parola spettava sempre a Londra, era inutile dire quello che pensavi, era tempo perso”. Non solo il rapporto personale, ma l’ex capitano lamenta anche lo scarso coinvolgimento lavorativo -essendosi sentito marginale nella scelta del tecnico e del direttore sportivo-, accusando la società di non aver mantenuto le promesse fatte in precedenza: “Non ho mai avuto la possibilità di esprimermi, non mi hanno mai coinvolto in un progetto tecnico, mi tenevano fuori da tutto. In due anni avrò fatto dieci riunioni, mi chiamavano sempre all’ultimo, come se volessero accantonarmi. Io ho cercato di mettermi a disposizione e di cercare di portare qualcosa in più alla società, ma dall’altra parte vedevo che c’era un pensiero diverso. Ho chiesto di decidere, come decidono tutti gli altri, di dare un contributo e metterci la faccia”. Francesco Totti si toglie tanti sassolini dalle scarpe, accusando il club di quella “deromanizzazione” che i tifosi lamentavano già da tempo: “Da quando sono entrati gli americani, hanno cercato in tutti modi di mettere da parte i romani. Lo hanno voluto e ci sono riusciti. È facile prendere in giro le persone, ma io sono abituato a dire la verità, non posso stare qua dentro”. Piovono le critiche a Pallotta da parte dei tifosi, per i quali Francesco Totti sarà sempre una bandiera, dentro o fuori la società.

Alice Dionisi

La cronistoria degli ultimi due, terribili, mesi della Roma

Luca Fantoni – C’è mai fine al peggio? È la domanda che si stanno facendo tutti i tifosi romanisti e la cui risposta, da due mesi a questa parte, sembra essere solo no. 91esimo minuto di Genoa-Roma. Romero svetta in mezzo a Schick e Nzonzi e pareggia la partita, distruggendo le flebili ma residue speranze di qualificazione alla Champions League. Da quel momento, a cadenza quasi settimanale, i tifosi della Roma si trovano davanti a situazioni incredibilmente difficili da digerire. La prima è il rifiuto di Antonio Conte di venire ad allenare nella capitale. Il 7 maggio, con un’intervista uscita sulla prima pagina de ‘La Gazzetta dello Sport’, l’allenatore salentino specifica che in quel momento “non ci sono le condizioni” per un suo arrivo a Roma, ridimensionando le aspettative di una piazza e di una tifoseria che, con la voce di un possibile arrivo dell’ex Juventus, aveva cominciato a sognare. Ce ne sarà un altro di rifiuto ma questo è sicuramente il più rumoroso.

DE ROSSI – La seconda situazione surreale è l’addio di De Rossi. Il 14 maggio, con uno scarno tweet, la società annuncia che Roma-Parma sarebbe stata l’ultima partita del capitano con la sua storica maglia addosso. Il giorno dopo c’è la conferenza, che per quanto si mantienga su toni pacati, evidenzia il netto distacco tra la posizione di De Rossi che si sentiva ancora utile alla causa e quella della società, convinta di agire per il bene tecnico della Roma. Nella stessa esternazione con la stampa c’è stato il primo riferimento chiaro, da parte di un componente della società, a Franco Baldini con il ruolo ingombrante che occupa pur non essendo nell’organigramma giallorosso. Il giorno dopo, il 16, in tutti i telefoni di Roma arriva un audio di Daniele De Rossi dove accusa la società mentre a Trigoria scoppia la protesta dei tifosi con anche Ranieri che conferma di non rimanere a Roma e che è Franco Baldini, “Testagrigia“, a prendere le decisioni. Il 17 la protesta si sposta sotto la sede dell’Eur dove circa 500 tifosi esprimono la propria rabbia contro la decisione della società. Nelle successive due settimane a Roma non si parla d’altro e tutti i tifosi sembrano finalmente riuniti sotto un’unica bandiera, quella di Daniele De Rossi. Il 26 maggio non è la giornata delle polemiche ma è solo una giornata piena di amore per un capitano, una leggenda, una bandiera che se ne va. Da sottolineare anche il ringraziamento dell’Olimpico a Ranieri, da brividi.

GASPERINI, ROMA GATE E FONSECA – Il 26 maggio poteva essere il ground zero della Roma, il punto da cui ricostruire. Tre giorni dopo invece arriva il rinnovo di Gasperinicon l’Atalanta, seconda scelta dopo Antonio Conte. Anche il tecnico di Grugliascopreferisce altri lidi rispetto a Trigoria. Non passano neanche 24 ore e la mattina del 30 maggio il quotidiano ‘La Repubblica’ esce in edicola con una lunga inchiesta che racconta i rapporti intestini e fratricidi nello spogliatoio giallorosso. I senatori, tra cui De Rossi, vorrebbero la testa di Monchi, Di Francesco e Totti, e tutto è raccontato da una email che Ed Lippie invia a Pallotta a dicembre scorso. L’articolo distrugge anche gli ultimi equilibri rimasti ed alimenta la visione di Trigoria come un trono di spade, in cui tutti vogliono comandare, pieno di segreti e sotterfugi che ovviamente non possono che danneggiare chi la Roma la tifa. In giornata arriva la smentita della società e poi il giorno dopo quella di De Rossi ma ormai la frittata è fatta. Sempre il 31 Pallotta fa uscire una lunga lettera che riassume gli ultimi 12 mesi e forse è la sua migliore uscita pubblica da quando è presidente della Roma, cercando di ricostruire un minimo di empatia con i tifosi. Nel frattempo il tempo scorre, il 5 giugno Massara risolve consensualmente il contratto con la Roma e i giallorossi si trovano ufficialmente senza direttore sportivo. Questo è un altro aspetto che non si può posizionare su una linea del tempo ma che comunque rientra nelle situazioni surreali: trovarsi a pochi giorni dal ritiro senza avere un direttore sportivo ufficiale in grado di operare con la completa libertà. L’11 giugno arriva la prima decisione di questa nuova stagione: Paulo Fonseca diventa il nuovo allenatore. Può piacere o non piacere ma l’importante era comunque prendere una direzione e seguirla. Solo 6 giorni dopo però, l’ambiente nella capitale esplode.

TOTTI – Il 17 giugno Francesco Totti mette fine alla sua carriera da dirigente nella Roma con una conferenza stampa, da lui convocata, nel salone del CONI. La notizia gira già da qualche giorno ma questo intervento pubblico di Totti sancisce la definitiva rottura tra colui che, insieme a De Rossi, rappresenta la gran parte della tifoseria e la società. Qui torniamo al discorso iniziale. Dopo ciò che è successo tra ieri e oggi, la Roma si trova nel punto di massima difficoltà dell’era americana. Ma siamo sicuri che ora si possa ripartire? Ormai questi ultimi due mesi hanno insegnato che può succedere di tutto e il tifoso della Roma non sa più cosa può accadere da qui a 10 giorni. La speranza è che si possano rimettere insieme i pezzi di questo giocattolo che più volte si è rotto ma quello che è certo è che mai come oggi quel 10 aprile 2018, il giorno in cui la Roma scrive la storia rimontando il Barcellona, sembra un giorno lontano, molto lontano.

Luca Fantoni

Roma, la fine di un’era: dopo De Rossi, lascia anche Totti

(Jacopo Venturi) – Il 26 maggio ha lasciato Daniele, il 17 giugno Francesco. Due date che avevano già un peso nella storia della Roma, rispettivamente la sconfitta in Coppa Italia in finale contro la Lazio e la vittoria del terzo scudetto, che oggi assumono nuovi significati. Dell’addio di Daniele De Rossi si è già parlato e la bontà della decisione della società potrà essere valutata solo nel medio periodo, ma quello di Totti arriva come una doccia fredda. È vero che nel ruolo di dirigente l’ex numero 10 non ci si è mai riuscito a calare a pieno, ma sembrava potesse avere un’importanza crescente all’interno dei quadri dirigenziali. Evidentemente il piano che gli è stato prospettato non lo ha convinto. Anzi, lo ha offeso proprio, tanto che a poche ore dall’ufficialità delle sue dimissioni ha riversato parole pesanti contro l’attuale presidenza in una conferenza stampa nel Salone d’Onore del Coni. Il punto fondamentale è capire come ne esce la Roma da questi venti giorni travagliati e la risposta è tanto semplice quanto sconfortante: male. I giallorossi stanno vivendo un momento di passaggio importante, con una squadra da rifondare per cercare di rimanere competitivi e non dover ricominciare da zero un percorso che comunque in questi anni, seppur senza vittorie, ha portato delle soddisfazioni. Sarebbe stato certamente di supporto avere due bandiere così, una in campo e una dietro la scrivania, per rilanciare il progetto Roma, per accogliere chi arriverà e per segnare un nuovo corso. La Roma dovrà cavarsela “da sola” e non sarà facile.

(Jacopo Venturi)

Totti lascia la Roma: “Io fuori dalle decisioni. Volevano far fuori i romani. Futuro? E’ un arrivederci…”

(Keivan Karimi) – E’ finita. Francesco Totti ammaina la bandiera e lascia una nave che non sente più sua. Il capitano dice addio (o meglio arrivederci) alla Roma, dopo due anni da dirigente inascoltato e senza ruoli specifici. Lo ha annunciato tramite una conferenza stampa fiume tenutasi al salone d’onore del Coni:

“Innanzitutto ringrazio il presidente Malagò per avermi dato questa possibilità in questo posto bellissimo. Alle 12.41 del 17 giugno 2019 ho mandato al CEO della Roma dove ho scritto un po’ di parole per me immaginabili. Ho dato le mie dimissioni dalla AS Roma. Speravo che questo giorno non arrivasse mai, invece è arrivato questo giorno brutto e pesante. Credo sia stato doveroso e giusto, non ho mai avuto la possibilità di lavorare. E’ normale che, come ho sempre detto che i presidenti passano, le bandiere no. Ho riflettuto tanto e non è stata colpa mia l’essere arrivati a questa decisione”.

La prima domanda è dell’ex ‘iena’ Enrico Lucci: “Chi te l’ha fatto fare?”, gli chiede. Risponde Totti: “Ho messo la Roma davanti a tutto, è la mia seconda casa, se non la prima. Per me fare questa scelta è stato difficilissimo, ho sempre voluto portare in alto questa società”.

Di chi è stata la colpa?
“Non mia, non ho mai avuto la possibilità di esprimermi, non mi hanno mai convolto nel progetto tecnico. Per il primo anno ci può stare, nel secondo avevo già capito cosa volevo fare e non ci siamo mai aiutati. Loro non hanno mai voluto, mi tenevano fuori da tutto”.

Cosa si sente di dire alla gente che è rimasta scioccata dal suo addio? Sarà un arrivederci?
“Al popolo di Roma devo dire solo grazie per come mi ha sempre trattato. C’è stato sempre un reciproco rispetto in campo e fuori, perciò posso solo invitarli a continuare a tifare questa squadra, la Roma va sempre onorata. Vederla in questo momento di difficoltà mi rattrista e mi dà fastidio, i tifosi della Roma sono diversi dagli altri, l’amore che danno a questa squadra è talmente grande che non potrà mai finire. Continuerò a tifare Roma. Per me è un arrivederci, non un addio. E’ impossibile vedermi fuori dalla Roma, da romanista non penso possa succedere. Prenderò altre strade, è il momento giusto. Se un’altra proprietà punterà su di me io sarò pronto”

Pronto per altre strade? Qualcuno che è più colpevole di altri?
“In questo momento ce ne sono tante di cose che posso fare, sto valutando tranquillamente, in questo mese valuterò tutte le offerte e quella che mi farà stare meglio la prenderò con tutto il cuore. Ho sempre dato il massimo e la mia decisione sarà definitiva. Non c’è un colpevole, il percorso non è stato rispettato e alla fine ho fatto questa scelta”.

Le hanno fatto promesse?
Tutti sappiamo che mi hanno fatto smettere. Avevo un contratto di 6 anni da dirigente, sono entrato in punta di piedi, per me era una novità, con il tempo ho capito che sono cose completamente diverse. Di promesse sono state fatte tante, ma non sono mai state mantenute. Normale che con il passare del tempo giudichi e valuti, anche io ho un carattere e una personalità, non sto lì a fare quello che mi chiedono di fare. Lo facevo per la Roma, ma non il tempo non mi sembrava il caso di continuare con persone che non hanno mai voluto che facessi questo ruolo.

In questi anni si è parlato parecchio di ‘detottizzazione’. E’ un percorso che per lei è iniziato recentemente o ha radici più lontane. L’addio di De Rossi una coincidenza?
“Diciamo che ‘via i romani dalla Roma’ è stato sempre un pensiero fisso di alcune persone. E’ prevalsa la verità, sono riusciti ad ottenere quello che volevano. Da 8 anni a questa parte, dall’ingresso degli americani, hanno cercato in tutti i modi di metterci da parte. Diciamo che è quello che hanno voluto, alla fine ci sono riusciti”.

Il rapporto con Baldini?
“Non c’è mai stato e mai ci sarà. Se ho preso questa decisione è perché ci sono degli equivoci e dei problemi interni alla società. Uno dei due doveva uscire, mi sono fatto da parte io. Troppi galli a cantare non servono… Troppe persone mettono bocca su certe cose e fanno solo danni, ognuno dovrebbe fare il suo”.

Ma è un gallo che canta lontano, mi sembra
“Ma quando canta da Trigoria non si sentiva il suono. L’ultima parola spettava sempre a Londra, era tempo perso”.

Un anno fa la Roma era in semifinale di Champions, quest’anno Salah l’ha alzata...
“Un po’ tutti sappiamo dei problemi reali della società, soprattutto il Fair Play Finanziario. Hanno fatto questo pensiero, questa scelta difficile di vendere i giocatori più forti e blasonati, è più facile prendere soldi con loro e tamponare i problemi del FFP. Bisogna essere trasparenti, soprattutto con i tifosi. Ad alcuni dirigenti dicevo che alla gente bisogna dire la verità. Un anno fa dissi che la Roma sarebbe arrivata quarta e che la Juve avrebbe vinto a gennaio, mi hanno dato dell’incompetente. Ma sono sempre stato trasparente quando dici la verità sei inattaccabile. non posso restare qui dentro.

Una conferenza contro dei fantasmi, le persone a cui fa riferimento non le vediamo fa tempo. Le pesa questo addio?
“L’addio mi pesa, il giocatore cerca sempre un alibi, “manca il presidente, il ds, nessuno della società ci dice come stanno le cose”… E questo dà problemi alla squadra, per me crea un danno, Il presidente deve essere più sul posto, quando vedono il capo tutti stanno sull’attenti, dal primo all’ultimo. Quando non c’è, fanno tutti come gli pare. E come quando ci si allena senza il mister: quando c’è vai a mille all’ora, quando allena il secondo si inizia a fare un po’ gli stupidi. Un esempio semplice”.

Sente di aver fatto tutto quello che era in suo potere? La Roma l’ha accompagnata nel suo percorso da dirigente?
“Se ho preso questa decisione è perchè non ho potuto fare niente, non mi sono sentito coinvolto nel progetto, specie nell’area tecnica. Non voglio fare il fenomeno ma penso di avere le basi e l’occhio per capire un giocatore rispetto ad altra gente che è a Trigoria. Non voglio fare altro, ma la mia parola è diversa da quella di un’altro. Mettendoci sempre la faccia, ovviamente, anche quando le cose vanno male come quest’anno”.

Qual è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso? Il vertice a Doha, c’è una speranza che il fondo del Qatar possa mettere le mani sulla Roma?
“Ho girato vari continenti, soprattutto dove ci sono gli emiri, tante persone vorrebbero investire, ma finché non vedo nero su bianco non ci credo. Posso dire che la Roma è amata e stimata in ogni parte del mondo e tutti la vorrebbero, ma non posso espormi perché non so noulla di tutto ciò. Solo quando ero in difficoltà mi chiamavano, sempre all’ultimo, in 2 anni avrò fatto 10 riunioni… Come se volessero allontanarmi da tutto. Prima o poi il cerchio si stringe. Ho cercato in ogni modo di mettermi a disposizione e di dare qualcosa in più, dall’altra parte vedevo che il pensiero era diverso”.

Cosa serve per riportarla alla Roma?
“Sicuramente un’altra proprietà, in primis. Dipenderà poi se quest’altra proprietà mi chiamerà, se crede nelle mie potenzialità. Sicuramente non ho mai fatto e non farò mai male alla Roma. La Roma viene prima di tutto, anche oggi. Staccarmi dalla Roma per me significa morire. Sarebbe stato meglio. E’ meglio che mi stacco io. Tanti personaggi, inteso come dirigenti, mi hanno sempre detto di essere troppo ingombrante”.

Per chiarire equivoci di questi giorni, le hanno mai formulato la proposta di direttore tecnico? Con questa proprietà ma senza più Baldini tornerebbe?
“Non ho mai chiesto soldi, ho chiesto un ruolo da dt per le mie competenze. Ho chiesto di dare il mio contributo e metterci la faccia, non di decidere tutto. Ma se decidono tutto gli altri, che ruolo è? Non sono andato a Londra perché avevano già deciso l’allenatore e il ds, cosa ci sarei andato a fare? Tutto ciò che avete scritto, l’unico allenatore che ho sentito è stato Antonio Conte. Mai mandato messaggi o mai chiamati Mihajlovic, De Zerbi, Gattuso e Gasperini. Ho chiamato solo Conte, il resto è fantascienza. Non ci sto a passare per stupido. Tornare senza Baldini? No. Se il vaso è rotto è difficile rimettere insieme i cocci. Se volevano fare questa scelta, potevano decidere prima. Se non hanno mai pensato a questo, è giusto restare così. Non ho nulla contro di loro, è una scelta che rispetto”.

La dichiarazione di Pallotta di due giorni fa, ha detto che ha avuto un peso nelle decisioni. Pallotta dice bugie, quindi.
“Scusa se la interrompo, l’unico allenatore che ho contattato con Fienga… Che ringrazio pubblicamente perché è stato al mio fianco, che ci ha messo la faccia e che mi ha proposto di lavorare con lui. Inutile continuare su questa strada. L’unico davvero chiamato è stato Ranieri, ho preso una decisione che altri dirigenti non volevano. E oggi lo ringrazio perchè sarebbe venuto anche gratis e ha fatto il massimo. E’ un uomo vero, appena l’ho chiamato mi ha detto “domani sono a Trigoria”, senza parlare di soldi o di squadra. I tifosi devono essere felici di lui e il tributo l’hanno dato all’addio di Daniele (De Rossi)”.

Queste dichiarazioni sono bugie?
“ho dato la mia risposta, penso che sia vera. Ognuno può sostenere ciò che vuole, non mi serve dire bugie ora”.

Non poteva esserci l’occasione per Fienga e Pallotta di essere più chiari sul suo ruolo?
”Fienga me l’aveva detto 2 mesi fa, mi aveva promesso questo benedetto ruolo da dt, cosa che tutti sapevano che volevo fare. Ma poi trovi persone che ti mettono i bastoni tra le ruote e torvano qualche intoppo… Se ad esempio non avessi voluto Fonseca, l’ultimo parere spetta al ds e al dt. Se le cose vanno male cosa dovrei fare? Andare in conferenza e dire che non è stata una scelta mia”.

Con Conte invece sarebbe rimasto?
“Certo. Se mi avessero chiamato mi sarei messo seduto, se mi interpellavano e mi davano fiducia… Ma non l’hanno mai fatto e continuano a non farlo. Con Conte è successo perché ci abbiamo lavorato io e Fienga. Ci siamo detto “l’unico che può cambiare la Roma è Conte”. Ci aveva dato l’ok, ci siamo visti e sentiti parecchie volte. Poi ci sono stati problemi e ha cambiato idea, ora è all’Inter. Pallotta l’ha saputo ed era contento del fatto che era possibile”.

Quanto pesa la sua scelta nell’addio di De Rossi?
“La risposta è banale, non ci ho messo la bocca, potrei dire così. Dicevo ad alcuni dirigenti da settembre “Se pensate che sia il suo ultimo anno, diteglielo subito. Non fate come avete fatto con me, è il Capitano e merita rispetto”. Poi ci sono stati gli infortuni, la situaxione complicata, Monchi e Di Francesco che è andato via.. Il problema è che a Trigoria si fa passare troppo tempo. Deve esserci una persona a decidere, non 10. A Daniele ho palrato da amico, gli dicevo di andare al di là. Non potevo espormi, ero pur sempre un dirigente, ma ho cercato di aprirgli gli occhi. E’ il problema poi è arrivato, come è successo con me. Non riesco a capire se è una cosa voluta o perché non ci pensano. Nel primo caso è una cosa brutta. Ma da quanto ho capito è una cosa voluta, hanno sempre voluto togliere i romani dalla Roma”.

Non ha fatto il nome di Sarri...
“Non l’ho mai contattato”.

Ma qualcuno l’ha fatto.
“Era un suo pallino, ma è una domanda da fare a lui. Non so quali fossero i suoi obiettivi e le sue valutazioni. So solo che Sarri era un pallino della persona di cui parlava. E’ un grande allenatore, avrebbe fatto comodo. Però anche lui era sotto contratto, aveva problemi con il Chelsea. Ora però parliamo del nulla, parliamo dell’attualità. Fonseca deve trovare un ambente tranquillo e sereno e una strada senza intoppi. La gente lo stima per come si è messo a disposizione, da ciò che ho visto è un grande allenatore, che ha studiato e che allo Shakhtar ha fatto bene. Spero possa far bene con la Roma”.

Perchè Conte ha detto no?
“Conte non sarebe venuto per fare rivoluzioni, ma per fare una ‘continuazione’”

Verrà l’anno prossimo allo stadio?
“Perchè non dovrei? Sono pur sempre tifoso della Roma. Può darsi che andrò anche in Curva Sud… Sa cosa farò? Ci andrò con Daniele, se non andrà a giocare da un’altra parte”.

Si aspettava un maggior impegno economico della proprietà? Cosa sente di aver potuto dare da dirigente?
“Diciamo che Totti non avrebbe cambiato la Roma, maavrebbe dato il suo contributo. Non sono state fatte promesse reali, da tifoso ho dei sogni: vedere la Roma competere ad alti vertici, come anni fa. Anche se arrivavi sempre secondo, eri competitivo, qualche coppa la vincevi. Ci sono dati di fatto, ci sono problemi finanziari e vanno rispettati. Se hai un rosso di 50 milioni devi vendere un pezzo importante, non uno della Primavera. E la squadra si indebolisce. Sa meglio di me di cosa solo i problemi. L’impegno? 100% da parte mia contro l’1% da parte loro.

Come vede la Roma senza Totti?
“Se fossi presidente della Roma e avrei in società due bandiere come Totti e De Rossi, gli avrei dato in mano tutto. Avrebbero potuto spiegare cosa è la romanità. Lui si è contornato e si contorna solo di persone sbagliate. E’ quello che gli rimproverano tutti. Tutti possono sbagliare, ma se si sbaglia per otto anni di fila, qualche domanda te la vuoi fare? Se fai 10 interviste e le sbagli, all’undicesima qualche domanda te la poni…”.

Quanto pesa la sua scelta nell’addio di De Rossi?
“La risposta è banale, non ci ho messo la bocca, potrei dire così. Dicevo ad alcuni dirigenti da settembre “Se pensate che sia il suo ultimo anno, diteglielo subito. Non fate come avete fatto con me, è il Capitano e merita rispetto”. Poi ci sono stati gli infortuni, la situaxSi dice che abbia pensato troppo a se stesso, troppo tempo libero e troppo paddle. Certi articoli usciti sulla stampa sulla situazione di Trigoria, che idea si è fatto
“Padel, calcetto, vacanze? Loro erano al corrente e mi hanno dato la disponibilità per certi eventi di beneficienza. Tutti sapevano cosa facevo. E anche gli altri dirigenti hanno fatto vacanze, solo che non li conosceva nessuno… Sono stato via 3 giorni, venerdì e il sabato ero a Trigoria per il derby. Parlava della mail… Ci sta, non si può nascondere. Ma mi fido al 100% di Daniele De Rossi, ci metto la mano sul fuoco che non ha mai detto e pensato quelle cose”.

Una conferenza stampa in cui dice quello che pensa
“Ma qualcosa mi tengo, se rispondono ho altro da dire…”.

Come mai non è nato il feeling con Pallotta?
“Ultimamente ha cercato in ogni modo di tratteneremi, sempre per vie traverse e in terza persona. In 2 anni non ho mai sentito né Pallotta, né Baldini. Che devo pensare? Di essere benvoluto? No… Se avessi sbagliato qualcosa, mi avrebbe chiamato e mi avrebbe chiesto di metterci la faccia. Non è mai successo”.

Ha dato speranza per il futuro, se gli attuali dirigenti restano invece 20 anni…
“Spero che riescano a vincere”.

Malagò ha detto che in futuro sogna di diventare presidente.
“Se succederà mi chiamerà, tutti dicono che è un mio caro amico, avrò un po’ più di potere… Ma poco, non mi serve tutto… Non mi serve stare davanti a tutti, a loro invece si…”.

Le sue dimissioni sono un atto d’amore. A lei, personalmente e professionalmente, le dispiace più essere considerato un peso da giocatore o il fatto che non hanno creduto in lei da dirigente
“Sarò sintetico: sono stato un peso per questa società. Mi hanno dato del personaggio ingombrante, sia da giocatore che da dirigente. Spero che la domanda sia questa e la risposta sia giusta, altrimenti passo da rincoglionito… (ride, ndr). Mi hanno fatto male entrambe le cose, la seconda di più. Quando ti stacchi dalla mamma è dura.

Pallotta è qui per lo stadio o per la Roma?
“Dovreste chiederlo a lui, non posso rispondere. E’ una domanda davvero da fare a lui, è una risposta personale, non posso entrare nei suoi pensieri, quello che dirò sarebbe sbagliato. Per correttezza non rispondo”.

Da calciatore ha fatto una scelta, da dirigente anche? Cosi resterebbe disoccupato
“Valuterò alcune offerte, ci sono state offerte da squadre italiane. Una è arrivata stamattina, valuterò tutte”.

Juve o Napoli?
“Ora chiedete troppo. Si dice il peccato, ma non il peccatore. Tanto si parla di Fifa, della Figc, sanno tutto loro… Tante cose le ho sapute leggendo i giornali”.

Per cosa invece si sente di ringraziare Pallotta?
“Lo ringrazio perchè mi ha fatto restare alla Roma e mi ha dato la possibilità di conoscere un’altra realtà. Da dirigente ho imparato tante cose che mai avrei immaginato di conoscere. Non sputo sul piatto dove ho mangiato. Spero che porti la Roma più in alto possibile, dove merita. Ora deve essere bravo a riconquistare la fiducia della gente. Spero che gli stia vicino gli dia indicazioni giuste, non sbagliate”.

Ci hai descritto Trigoria come una polveriera, perchè Pallotta non torna a Roma?
“Non lo so, non ci ho parlato a quattr’occhi, solo due anni fa quando ho smesso. Eravamo con mia moglie e Baldini”.

Ha sentito Florenzi e Pellegrini?
“Non ho sentito Alessandro, ho sentito Lorenzo, gli faccio i complimenti per ieri. Non ci credeva, ma ci crederà. Gli ho promesso tante cose, spero che possano avverarsi. E’ un ragazzo speciale e forte, una persona pulita che può far bene alla Roma. Può dare tanto a questa maglia, la onorerà fino alla fine. E qualche romano nella Roma serve sempre, fidatevi. Vedere giocatori che ridono quando si perde fa girare le palle… E quando qualche dirigente è contento quando si perde… I tifosi certe cose non le sanno. Se hai certa gente dentro Trigoria, non si va da nessuna parte. Uniti si va dritti, altrimenti si deraglia”.

Mancini?
“E’ il ct, vi saluta (ride, ndr)… Dovrà essere bravo a portare in alto la nazionale. Da ambasciatore spero di portagli fortuna”.

Perchè vogliono togliere il cuore e l’anima alla Roma?
“Per me non se ne rendono conto, non vivono la quotidianità e non sanno nulla di Roma. Stando qui sul posto è totalmente diverso. All’altra parte del mondo gli arriva l’1% di quello che succede qui. Spero se ne possano rendere conto, ma ormai il tempo è passato…”

Con la sua rabbia e determinazione mostrata oggi, parla già da futuro dirigente della Roma
“Non ho alcuna rabbia, lo dico a malincuore, non vado contro nessuno, nè Pallotta, né Baldini, spiego perchè vado via. Ho preso una decisione brusca. Se tornerò, con un’altra proprietà, sarò dirigente a 360 gradi. Spiace dirlo qui, se avessero fatto quello che chiedevo non mi sarei mai dimesso”.

I tifosi?
“La fede viene prima di tutto, non mi espongo più di tanto. Il mio popolo resterà sempre il mio popolo, nessuno me lo toglierà. E nessuno me lo toglierà”.

C’è una scelta tecnica che avrebbe scongliato? Che rapporto ha avuto con Monchi?
“Non farò nomi contro i giocatori, per rispetto. Tornavo dalle vacanze, il primo anno che ho smesso. Mi hanno chiesto un parere su un giocatore, avevo detto che non sarebbe stato un bene per la Roma. Non era adatto a Di Francesco e veniva da tremila infortunio. certi dirigenti mi dicevano “ti pare, devi sempre andare contro…” Ma non chiedetemi il nome del giocatore, avrei fatto un’altra scelta e ci avrei azzeccato sotto un certo punto di vista. Avrei preso uno dell’Ajax. Già sapete di chi parlo, vero… Monchi? Non l’ho più sentito”.

Nainggolan, ha preso posizione per farlo restare?
“Presi una posizione forte per lui, altri non volevano dargli delle punizioni. Ma nelle società forti chi sbaglia paga, anche Ronaldo e Messi. Nello spogliatoio deve esserci rispetto .

Dopo Roma-Barcellona si aveva la sensazione di qualcosa di diverso o già si sapeva dei sacrifici?
“Vendendo giocatori e adesso spezzo una lancia nei confronti di Di Francesco. Non l’ho portato qui io, l’ha portato Monchi. Ha chiesto 4-5 giocatori e non gliel’hanno mai presi. Inutile nascondersi, perché poi dopo la verità fa male… Non difendo il mister, ha sbagliato, ma ha chiesto 4-5 giocatori. Ne hanno presi zero? Lei lo sapeva? Io si… Dalla vostra parte tutto è più semplice”.

Per 30 anni si è sempre detto che chiamava dei giocatori per farli venire alla Roma. Se domani uno ti chiamasse, lei cosa direbbe?
“La verità. Quello che c’è ora in questo momento. Venire qui è una scelta, io posso spiegare la situazione, non obbligare una scelta. La decisione spetta a lui. Cose belle? La città, il mare, la montagna, il sole. E i tifosi della Roma, che sono i più belli di tutti”.

La Roma sceglie Fonseca: carisma e innovazione per rilanciarsi

(Jacopo Venturi) – La Roma ha scelto, sarà Paulo Fonseca il suo prossimo allenatore. Dopo aver inseguito per tutto maggio due nomi come Conte e Gasperini, il tecnico portoghese può sembrare un ripiego, ma di certo non è una scelta conservativa. La Roma ha deciso di puntare su di lui per delle caratteristiche ben precise: la giovane età, l’esperienza internazionale, l’idea di calcio propositiva e moderna. Fonseca potrebbe dunque rivelarsi il profilo adatto a questa fase della vita della Roma, una fase nella quale i giallorossi devono ripartire da concetti fondamentali sui quali basare il proprio gioco e la propria filosofia di calcio. Il Napoli fece così con Sarri, aprendo la strada agli anni più felici della gestione De Laurentiis, e la Roma oggi prova a fare qualcosa di simile. Fonseca comunque non è un mago e molto di ciò che riuscirà o non riuscirà a fare dipenderà inevitabilmente da ciò che succederà in sede di mercato: è evidente che a Trigoria ci sia bisogno di giocatori nuovi, che sappiano non solo colmare le lacune della rosa attuale ma che siano anche adatti ad interpretare la visione del gioco del portoghese.

(Jacopo Venturi)