La Roma a valanga sul CSKA Sofia: finisce 5-1 all’Olimpico

Pagine Romaniste (F. Belli) – La Roma non si ferma più. Nel primo impegno dei gironi di Conference League, la valanga giallorossa colpisce il Cska Sofia: finisce 5-1. A sbloccare il risultato sono però i bulgari con Carey (13’). In meno di un quarto d’ora arriva il sorpasso. Pellegrini riceve un delizioso assist da Kardsorp, controlla con cura per poi mettere alle spalle di Busatto con un incantevole tiro a giro. Ad appena tre giorni da quando Francesco Totti lo aveva incoronato come suo erede, ecco che il capitano della Roma ha tirato fuori dal cilindro una prestazione proprio stile “tottiano”. Il raddoppio viene firmato da El Shaarawy. Il Faraone ripete lo stesso copione col Sassuolo: tiro a girare col destro, che questa volta finisce a fil di palo. Nella ripresa la Roma dilaga. Ancora servito dalle fasce – da sinistra, con l’ottima discesa di Calafiori – Pellegrini colleziona un’altra doppietta dopo quella di Salerno. Il poker è invece calato da Mancini, al posto giusto ed al momento giusto dopo il palo colpito a distanza ravvicinata dal rientrante Smalling. Palo che nega la gioia a Shomurodov, il quale serve però Abraham: l’inglese si sblocca all’Olimpico e mette il timbro. Mou, visti i numerosi impegni, sceglie la via del turnover. Sette sono i cambi, in campo dall’inizio quattro titolarissimi trainanti, Rui Patricio, Karsdorp, Mancini e Pellegrini. E si vede, visto che i bulgari passano in vantaggio e per i primi venti minuti la Roma quasi non si vede. Partita semplice per l’arbitro Glenn Nyberg, alla prima direzione in Italia. Stesso discorso per i guardalinee Beigi e Sederqvist. Il terzetto svedese si difende egregiamente nonostante la mancanza del Var, prevista solo nella finale di Tirana. Il primo tempo è tranquillo, anche se al 5′ l’arbitro non vede una gomitata che procura un taglio sotto l’occhio a Carles Perez. Nel complesso però bene, con una direzione di gara molto inglese. E l’arbitro va avanti con coerenza nella ripresa. Giusta nel finale la scelta di espellere Wildschut per doppia ammonizione: prima atterra Ibanez allargando troppo il braccio, poi commette un fallo tattico fermando Perez in contropiede. Non è fuorigioco quello di Mancini sul quarto gol, più dubbi su Abraham ma nel dubbio giusto non alzare la bandierina. Mourinho a fine gara è stato estremamente sincero, criticando la prestazione dei suoi ma non l’atteggiamento: Non mi è piaciuta la qualità del gioco. Non abbiamo tenuto la palla come ci siamo allenati nei giorni scorsi, centrocampo con poca intensità e i terzini non hanno spinto molto. Abbiamo perso molti duelli difensivi. Non abbiamo giocato male, ma non abbiamo meritato il 5-1. Non mi è piaciuta la gara. Pellegrini? Cresciamo tutti insieme e anche io cresco con i ragazzi. E’ un giocatore di super qualità con grande potenziale. Vorrei dire molto di più, lui mi ha detto che firmerà il suo contratto nei prossimi giorni e potrà dare più forza al suo rapporto con i tifosi in modo decisivo. E’ un giocatore di qualità, è il capitano ed è importante l’empatia con i tifosi che sta creando. Se devo gestire l’entusiasmo? E’ vero. L’altro giorno scherzavo col mio staff dicendo che ogni giorno dobbiamo andare a San Pietro per pregare di non avere infortuni. Abbiamo dei limiti e una stagione è una maratona, dobbiamo gestire queste situazioni. Sei vittorie non sono sessanta, e se arriva la settima non saranno settanta. Felice di ciò che stiamo costruendo, ma la squadra deve migliorare e dobbiamo essere tranquilli. Questo rapporto tra la squadra e i tifosi è molto positivo per noi. Quando arriverà il buio, è lì che dovremo essere più squadra. Per il momento sono contento di ciò che stiamo costruendo anche se oggi non sono contento di come abbiamo giocato. Mancano nove punti per essere primi nel girone”. Lucido come sempre, lo Special One mette in guardia i suoi sul fatto che quando arriverà la prima sconfitta, i suoi uomini dovranno dimostrare di essere una squadra vera rispondendo immediatamente senza farsi abbattere dallo sconforto. E domenica al Bentegodi c’è il Verona di Tudor.

Francesco Belli