2002, Barcellona-Roma 1-1. Ogni maledetto mercoledì

Luca Fantoni – 1-1 al Camp Nou, dov’è che si firma? Di sicuro non se lo chiedeva chi quel giorno era lì. Nel 2002 sia chiaro, perchè raccontare l’altro precedente sarebbe stato un suicidio sportivo, letterale e morale. Quella volta però, i tifosi giallorossi arrivarono a Barcellona forti di essere i campioni d’Italia in carica e consapevoli di potersela giocare. Gli oltre 6000 che giunsero in Catalogna, tra una paella a Barceloneta, un giro sulla Rambla e un confronto poco amichevole con la Guardia Civil, poterono assistere ad un’impresa sfiorata. Si, sfiorata, perché altrimenti non sarebbero tifosi giallorossi. All’epoca, nonostante il Barça fosse comunque una corazzata, non era sicuramente quello dei tempi di Guardiola, ma sopratutto la Romapoteva vantarsi di qualche trofeo recente in bacheca. In porta, nella squadra di Capello, giocava Antonioli. Zebina, Samuel e Panucci facevano i tre centrali con Cafù e Candelasulle fasce. In mezzo al campo c’erano Tommasi, Emerson e Lima, con Totti e Batistutadavanti. I blaugrana di Rexach, che nella storia del Club conterà poi qualcosa, avendo scoperto uno come Lionel Messi, possono annoverare tra le proprie fila giocatori come Puyol, Luis Enrique e Kluivert.

SBAGLIA CANDELA – Vuoi per l’entusiasmo, vuoi perché quell’anno la Spagna sembrava terra di conquiste, l’inizio di partita è a tinte giallorosse. Ci provano prima Batistutapoi Totti, che quella stagione aveva già colpito al Bernabeu, ma entrambe le conclusioni sono poco precise. Il Barcellona reagisce con Saviola e Rivaldo ma il primo tempo scivola via sullo 0-0. Nella ripresa passano 12 minuti e la Roma trova il vantaggio. Tottibatte una punizione da posizione laterale, Panucci stoppa il pallone in area e di sinistro batte Reina. Apoteosi nel settore ospiti. I catalani provano subito a reagire ma la difesa dei capitolini sembra poter reggere, almeno fino a quando non arriva l’errore di Candela. Il francese prova il dribbling nella sua area ma si fa rubare palla da Puyol che la mette a rimorchio per Kluivert. Il tiro dell’olandese si infila sotto la traversa, trafiggendo Antonioli. Pareggio che i ragazzi di Capello si presero e si portarono a casa ma, a conti fatti, forse rimase un po’ stretto.

ANY GIVEN WEDNESDAY – Ce ne fossero di mercoledì come questo, o come quello che la Roma si appresta a vivere di nuovo al Camp Nou. Ce ne fossero più spesso, perché si può anche perdere ma la soddisfazione di andartele a giocare queste partite e di poter dire di essere tra le migliori otto d’Europa, è impagabile. Chi è realista sa che la missione è praticamente impossibile. Eppure, chiunque sia un tifoso romanista, o comunque un appassionato di calcio, non può non sperare. Sperare che per una volta le cose vadano diversamente, che un pallone si sposti di mezzo centimetro dentro o fuori, che per una volta non debba valere la legge del più forte, che l’ideale prevalga sul razionale. Il Camp Nou sembrerà un inferno e starà a De Rossi e compagni aprirsi la strada, lottando, verso la luce, come è già successo a Stamford Bridge quest’anno o al Bernabeu una decade fa. Magari alla fine servirà a poco, ma la Roma deve crederci e deve lottare, come ha sempre fatto, ogni maledetto mercoledì.

Luca Fantoni

2011, Bologna-Roma 0-2. Sprazzi di Tiki Taka di una squadra che doveva diventare il Barcellona

Luca Fantoni – Un giorno la Roma doveva diventare il Barcellona. Inizio estate. Tra i tifosi romanisti comincia a serpeggiare una parola, che dalle parti del Colosseo non conoscono molto: Tiki Taka. Il credo calcistico per eccellenza, la filosofia vincente, l’apoteosi del bel gioco. Per diffondere il verbo del calcio catalano arriva colui che, quel modo di giocare, aveva aiutato a crearlo. Si tratta di Luis Enrique, tecnico del Barcellona B. Asturiano, ex giocatore di Real e Barça e poca esperienza in panchina mal’entusiasmo dopo il suo arrivo era comunque alle stelle. Con l’arrivo di Bojan già si pregustava un facile triplete per poi andare a vincere il Mondiale per club con il mantra del tiki taka. A distanza di 7 anni è evidente che “El Proyecto” è fallito. In realtà ci sono voluti solo due mesi a rompere l’idillio, quando, contro lo Slovan Bratislava, Tottilasciò il campo per Okaka e la Roma uscì subito dall’Europa League. Poteva andare diversamente? Forse. La certezza è che la rosa di quell’anno, con il senno di poi, fu eccessivamente sopravvalutata e fare meglio del 7° posto non era così scontato. Nessuno potrà mai sapere come sarebbe andata se Luis Enrique fosse rimasto. Qualche segnale positivo era comunque arrivato nel corso della stagione, la partita contro il Bologna ne è un esempio. Stekelenburg giocava in porta, la difesa a 4 era formata da Rosi, Juan, Heinze e Taddei. A centrocampo c’erano Simplicio, De Rossi e Pjanic, con Totti e Lamela a sostegno di Osvaldo.

ROMA BLAUGRANA – Quella partita neanche si sarebbe dovuta giocare quel giorno. Originariamente doveva essere il match di apertura della stagione ma uno sciopero dei calciatori la fece rinviare a dicembre. Vedendo la prima Roma di quell’anno, meglio così. Passano cinque minuti, tre scambi nello stretto, un tacco di Simplicio e Totti di sinistro si fa parare il tiro da Gillet. Si capisce subito che è una giornata a tinte blaugrana. Al 17’ i giallorossi passano in vantaggio. Taddei raccoglie una pallone vagante fuori dall’area e al volo di destro mette la palla all’angolino basso. Quasi come Dani Alves. Passano una ventina di minuti e Osvaldo, che ora fa la rockstar e magari in qualche bar di Barcellona ci ha anche suonato, fulmina il portiere avversario con un tiro da fuori. Sul 2-0 per i capitolini è facilissimo amministrare il gioco e anche divertirsi. Alcune occasioni che portano alla conclusione Totti e Lamela sono da accademia del calcio. Il terzo gol non arriva ma la squadra di Luis Enrique torna a casa da quella partita con la consapevolezza che tutto sommato, con un po’ di tempo in più, giocare in quel modo poteva non essere un’utopia.

TESTA AL BOLOGNA – Tre anni fa la Roma si è scontrata contro il Tiki Taka, ha preso sei gol ed è salita sul primo aereo di ritorno. Questa volta il credo calcistico è cambiato, il Barça di Valverde è più compatto ma non per questo meno spaventoso. Prima di pensare alle notti magiche però, i giallorossi dovranno concentrarsi sul Bologna di Donadoni, una squadra ostica e fastidiosa, con cui, tuttavia, è importante vincere. Spazio al turnover ma con moderazione, la Coppa Italia insegna. Sarà fondamentale scendere in campo con la testa giusta, senza farsi condizionare dall’ossessione del Camp Nou. I rossoblu da battere, sabato, sono altri. Bisogna uscire dal Dall’Ara con i tre punti, felici e soddisfatti, solo allora si potrà pensare al Barcellona anche perché le grandi imprese nascono da piccole vittorie e quella contro gli emiliani deve essere una di queste.

Luca Fantoni

File ai Roma Store per Roma-Barcellona, portali per la vendita dei biglietti a lungo fuori servizio. Terminata la Curva Sud

Luca Fantoni – Roma-Barcellona è una sfida che i giallorossi aspettavano da 10 anni. A testimoniare l’importanza di questo match sono le lunghe file che si sono create nei vari Roma Store. I terminali per la vendita dei tickets sono rimasti fuori servizio per oltre un’ora, mentre era già partita la vendita online (anche qui lunghe file sul sito di riferimento). Dopo circa mezz’ora di vendita dei biglietti ci sono stati altri problemi tecnici. Fase di prelazione andata a gonfie vele con oltre 21.000 tagliandivenduti, la Capitale sente l’aria di Champions e risponde presente. Nonostante il malfunzionamento dei terminal adibiti alla vendita, la Curva Sud è totalmente esaurita

Luca Fantoni

2017, Crotone-Roma 0-2. Nainggolan segna da capitano e Dzeko fa 25 in stagione

Luca Fantoni – Tre partite e tre vittorie. Sono solo questi i precedenti tra Roma e Crotone e l’unico allo Scida è quello vinto dai giallorossi per 2-0 nella stagione scorsa. Se nella partita d’andata di quel campionato i capitolini dilagarono facendo affidamento sulla loro bandiera, Francesco Totti, in quella di ritorno a trascinare la squadra furono altri due giocatori cardine, Dzeko e Nainggolan. Il Ninja, capitano per l’occasione, riuscì a raggiungere quota 9 gol stagionali, dimostrando ulteriormente quanto il gioco di Spalletti riuscisse a esaltare in maniera incredibile le sue doti offensive. Alisson ancora non era titolare e in porta giocava Szczesny. La difesa a 3 era formata da Manolas, Rudiger e Fazio. A centrocampo i due esterni erano Bruno Peres ed Emerson Palmieri con Paredes e Strootman al centro. Davanti Salah e Nainggolansostenevano Dzeko. Il Crotone di Nicola, che sembrava in una situazione di classifica disperata, rispondeva con Cordaz, tra i pali, Ceccherini, Dussenne, Ferrari e Rossi in difesa. Sulla linea mediana agivano Capezzi e Crisetig con Tonev e Mesbah sulle fasce. Davanti spazio a Falcinelli e Acosty.

SBAGLIARE E RIMEDIARE – Dopo quattro giorni la Roma avrebbe giocato con il Villarreal in Europa League e, almeno nei primi minuti, la testa è proiettata verso l’impegno europeo. A provarci subito infatti è Tonev ma Szczesny blocca. Al 17° Salah viene leggermente trattenuto in area da Ferrari e l’arbitro Russo concede un generoso rigore. Dzeko, per fugare ogni dubbio, lo calcia fuori dimostrando ancora una volta che i tiri dagli undici metri non sono proprio la sua specialità. I giallorossi iniziano a spingere e trovano il vantaggio nel finale del primo tempo con Nainggolan che controlla un pallone in area e trova la girata vincente. La ripresa si apre con una festa del palo tra Dzeko e Fazio. Il bosniaco prende una traversa con un tiro di sinistro mentre il colpo di testa del difensore si infrange sul montante. Dopo un tiro di Acosty ben disinnescato da Szczesny, Dzeko riesce a rifarsi degli errori commessi, depositando in rete un passaggio di Salah, firmando il definitivo 2-0.

ROSSOBLU – Saranno tre settimane in rossoblù per la Roma. Prima il Crotone, poi il Bologna per concludere con il Barcellona. Tre sfide tanto diverse per la difficoltà ma neanche troppo per l’importanza. Vincere le due partite di campionato comporterebbe la possibilità di guadagnare qualche punto in ottica terzo posto e porterebbe i giallorossi ad affrontare i blaugrana con un pizzico di serenità mentale in più. Il confronto con la squadra di Valverde sarà un’impresa titanica. I capitoli hanno forse il 5, massimo il 10% di possibilità di qualificarsi ma se si vuole cominciare a costruire una mentalità europea si deve partire da match come questi. Scendere in campo e giocarsela, perché le partite iniziano tutte da 0-0. Questo deve essere il mantra!

Luca Fantoni

2006, Roma-Shakhtar 4-0. Prima partita ed unica vittoria contro gli ucraino-brasiliani

Luca Fantoni – Brasile ed Ucraina. Due posti talmente lontani geograficamente e differenti culturalmente che una contaminazione sembra impossibile. Eppure no. C’è un posto nel Donbass, localizzato nella parte orientale della nazione, precisamente a Donetsk, dove al freddo dell’inverno dell’est europeo si è mischiato un po’ di calore di Porto Alegre, un po’ di carnevale di Rio de Janeiro e un po’ di fantasia carioca. Anche nel 2006, all’inizio dell’”esplosione” dello Shakhtar, di giocatori verdeoro ce ne erano, anche se solamente tre, meno di quanti ce ne siano ora. Matuzalem, che poi andrà alla Lazio, il talento Elano e l’attaccante Brandão. Era la partita d’esordio del girone di Champions. Sulla panchina degli arancioneri sedeva Lucescu e tra gli altri in campo c’erano giocatori come Timoschyuk, Marica e Srna. La Roma di Spalletti quell’anno vivrà forse la stagione migliore dal punto di vista europeo degli ultimi anni. Quel giorno si schierava con Doni in porta, Panucci, Ferrari, Chivu e Tonetto in difesa. Aquilani, preferito a Pizarro, affiancava De Rossi in mediana. Davanti Taddei, Perrotta e Mancini sostenevano Totti.

LA PARTITA – L’attesa per la prima partita europea della stagione è tanta ma la Roma inizia con il freno a mano tirato e rischia di prendere gol in più occasioni. Chi ha visto quel match si ricorderà gli incredibili errori dell’attaccante Brandão che prima mette fuori un pallone che chiedeva solamente di essere toccato in porta, e poi calcia addosso a Doni da buonissima posizione. L’attaccante brasiliano diventa, quindi, il migliore in campo del primo tempo per i giallorossi. L’inizio di ripresa è ancora di marca Shakhtar con Marica che semina il panico nella difesa dei capitolini. Con l’ingresso di Pizarro per Aquilani però, la partita cambia. Il cileno riesce a dare le geometrie giuste e al 67’ i padroni di casa passano con Taddei, che raccoglie un cross sul secondo palo e scarica un destro che si infila sotto la traversa. Passano nove minuti e Totti si inventa una girata di sinistro che si infila sotto al sette. Tempo di rimettere la palla al centro ed è già 3-0 con un colpo di testa di De Rossi. Il sigillo finale dell’escalation di gol romanista, lo mette proprio il “Pek” con un bel tiro da fuori.

DI BRASILIANO NE BASTA UNO – Certo, i brasiliani dello Shakhtar non sono male ma anche quelli della Roma non scherzano. Anzi, ce n’è uno in particolare che questa stagione sta giocando a livelli altissimi. Parliamo di Alisson Becker. Il numero uno giallorosso si è preso il posto da titolare, dopo una stagione da comprimario, e si sta affermando come uno dei migliori al mondo. Martedì la qualificazione passerà anche da lui, dalle sue parate, dalla sua capacità di guidare la difesa e magari anche da qualche rinvio come quello che ha permesso ad El Shaarawy di segnare contro l’Inter. Contro lo Shakhtar servirà segnare, quindi, ma non solo. Sarà fondamentale l’equilibrio che, proprio come ha detto Di Francesco dopo il match contro il Torino, deve essere alla base per migliorarsi, crescere e magari togliersi lo sfizio di entrare nelle migliori 8 d’Europa!

Luca Fantoni

Attenta Roma: Ferreyra is on fire

Gianluca Notari – «Una squadra brasiliana più che ucraina». Di Francesco dixit. Niente di nuovo, insomma. Dello Shakhtar Donetsk si è parlato tanto, prima e dopo la gara di Kharkiv. Tanta qualità nel palleggio, ali rapide e funamboliche che puntano l’uomo, difesa solida – anche se lenta – e soprattutto una punta che fa gol. Tanti.

Si chiama Facundo Ferreyra, ha 26 anni e viene da Lomas de Zamora, Argentina. A questa piccola cittadina, che si estende su una superficie di 20 km quadrati a sud-ovest di Buenos Aires, sono legati diversi nomi della letteratura e della poesia come Julio Cortàzar e Alexandrine Rappel. Ma Ferreyra, del gusto e dell’estetica dell’artista, ha davvero poco o nulla.

Guardando lo Shakhtar da una prospettiva lontana, El Chucky sembra sulla carta un corpo estraneo rispetto alla sinfonia di cui gode: Marlos, Bernard, Fred e Taison sono gli interpreti perfetti dell’idea di calcio di Fonseca, fatta di fraseggi, possesso palla e dribbling. Lui, invece, si «limita» a buttarla dentro. Un po’ sgraziato, alto e dinoccolato, ha nel gioco fisico e nel colpo di testa le sue armi migliori. E quest’anno sta segnando a raffica: 27 gol in 33 presenze, di cui 7 nelle cinque gare del 2018. Come intonava un coro di qualche anno fa, sarebbe il caso di dire “Ferreyra is on fire“. Anche ieri, nella vittoria dello Shakhtar sul Vorskla, l’argentino ha messo a segno una doppietta. A fine gara il monito per De Rossi e compagni: «Ora ci prepareremo per la Roma. Sappiamo quanto sono forti, ma io credo nella mia squadra. Affronteremo una gara importantissima anche dal punto di vista storico, abbiamo bisogno di vincere».

Ma oltre che ad avere fiducia nella squadra, Ferreyra farebbe bene a credere in sé stesso: cresciuto calcisticamente nel Banfield, a pochi chilometri da casa, fa il suo esordio in prima squadra a 17 anni, nel 2008. Con la maglia del Taladro, il primo gol arriva a dicembre dello stesso anno, nel derby contro l’Argentinos Juniors. Con il Banfield gioca fino al 2012, quando si trasferisce al Velez Sarsfield, altra società di Buenos Aires: con i biancoblu El Chucky gioca una stagione pazzesca, mettendo a segno 17 reti in 25 presenze distribuite tra campionato e Libertadores. E’ il 2013, Ferreyra ha 22 anni e già decine di gol alle spalle: una chiamata dall’Europa è scontata. E così fu, infatti. Lo Shakhtar Donetsk annuncia il suo acquisto il 10 luglio, per la modica cifra di 10 milioni di euro. Nella sua prima stagione con i minatori l’argentino gioca piuttosto bene, collezionando 6 reti in 13 presenze. Ma l’Ucraina in quegli anni lì non è il massimo, e dopo l’attentato di Donetsk (quando fu abbattuto un Boeing 777 e persero la vita 298 persone), lui e altri compagni decidono di cambiare aria. Così si trasferisce con la formula del prestito in Inghilterra, al Newcastle, ma con i Magpies non sboccia il feeling: le presenze sono appena 8, ma con la squadra Primavera, perché in quella stagione le apparizioni ufficiali di Ferreyra in maglia bianconera sono 0. Naturalmente il club inglese non riscatta il giocatore, che così torna in Ucraina. Il che, calcisticamente parlando, è stata la sua fortuna.

7 gol nella stagione 15/16, 16 nella stagione 16/17: El Chucky diventa il perno dell’attacco di Fonseca, che costruisce alle sue spalle una linea di trequartisti che ne esalta le caratteristiche. Quest’anno Ferreyra è già a quota 27, e non sembra volersi fermare proprio ora. La Roma è avvisata.

Gianluca Notari

2016, Roma-Torino 3-2. Una serata da lacrime di gioia, una favola con Totti protagonista

Luca Fantoni – Le sensazioni di quei tre minuti contro il Torino sono racchiuse tutte nelle lacrime di quel tifoso che, inconsapevole di essere ripreso dalle telecamere, ha mostrato al mondo cosa rappresenti la Roma per i suoi sostenitori. Ci sono dei momenti che non si possono misurare con l’orologio ma solo con i battiti del cuore, parafrasando David Grossman. In quei 180 secondi il tempo si è fermato. Tutto quello che stava accadendo sembrava galleggiare tra un alone di leggenda e uno di incredulità. Quando però i supporter giallorossi hanno guardato il tabellone a fine partita con su scritto 3-2 hanno capito che tutto era reale: Francesco Totti era entrato, aveva segnato due gol e aveva ribaltato la partita. Dopo un primo periodo fantastico, dall’arrivo di Spalletti in poi, erano cominciate ad emergere le prime tensioni. I capitolini erano ancora in lotta per il secondo posto con il Napoli, ma tra l’ex Capitano e il tecnico toscano si erano già formati i primi dissapori che però quel finale di campionato pazzesco riuscì in qualche modo ad oscurare. Nella formazione iniziale solo 5/11 giocano ancora all’Olimpico: Manolas, Florenzi, Nainggolan, El Shaarawy e Perotti. Szczesnydifendeva la porta, in difesa c’erano Maicon, Rudiger ed Emerson Palmieri. A centrocampo il secondo mediano era Keita, con Salah che completava il quartetto offensivo. Il Torino di Ventura rispondeva con un 3-5-2 che vedeva Padelli in porta. Moretti, Glik e Maksimovic erano i tre centrali con Silva, non Jonathan ma Gaston, e Bruno Peres sugli esterni. Gazzi, Obi e Baselli giocavano a centrocampo con Belotti e Martinez davanti.

FAVOLA REALE – Come ogni favola che si rispetti, all’inizio sembra che il “nemico” possa avere la meglio sull’eroe di turno. Ci prova subito Martinez, dopo una discesa splendida di Bruno Peres (sarebbe stato bello leggere più spesso questa frase durante l’esperienza romanista), ma la sua girata finisce alta. Subito dopo Belotti colpisce il palocon un tiro da fuori. Al 35’ lo stesso attaccante si procura un calcio di rigore e lo trasforma spiazzando Szczesny. La Roma prova a reagire sul finale di primo tempo con un tiro di Nainggolan ben disinnescato da Padelli. Il pareggio arriva solamente nella ripresa quando da un calcio d’angolo Manolas arriva in cielo e di testa la mette in rete. All’82’ arriva il secondo colpo di scena di questa storia: Bruno Peres si libera sulla destra, mette un cross sul quale la difesa capitolina si addormenta e sul secondo palo Martinez fa 2-1. Quando tutto sembra perduto, Spalletti gioca l’asso nella manica, se non la sua quella della Roma. È il minuto numero 86, Totti entra in campo, pochi secondi dopo realizza il 2-2 e tre minuti dopo realizza il rigore della vittoria. Due palloni toccati e due gol. Un lieto fine da sogno per la squadra e per Totti, ma d’altronde non poteva finire diversamente: nelle favole vincono sempre i buoni.

CONTINUARE LA CORSA – Da una favola ad un racconto thriller, o almeno così sembrava fino alla partita contro il Napoli. Al San Paolo la Roma si è trasformata in “Hannibal Lecter”, divorando il match e gli avversari come poche altre volte si è visto fare quest’anno. Ora bisogna dare continuità. Troppe volte è stato già detto, ma nelle prossime due partite deve essere un imperativo perché si deciderà la stagione dei giallorossi. Non ci sarà più Totti e non ci sarà neanche Dzeko per squalifica. Questa volta l’asso nella manica di Di Francesco si chiama Patrik Schick. Il talento ceco ha l’ennesima occasione per mostrare di valere tutti i soldi che sono stati spesi per lui. Partirà titolare e i tifosi della Lupa sperano che possa regalare anche solo un decimo delle emozioni che regalò quel giorno Totti, anche perché avrebbe veramente bisogno anche lui di un lieto fine. La squadra di Di Francesco deve continuare a recitare questo ruolo da “Red Sparrow”: concreta, intelligente ma sopratutto spietata.

Luca Fantoni

Bella Napoli, ma è il Torino la prova di maturità

Gianluca Notari – Parliamoci chiaro: alle 20.44 ci saremmo presi anche un pareggio. “Ma magari“, pensavano alcuni. Fortunatamente, tra questi non c’erano De Rossi e compagni, che hanno creduto fin dall’inizio in questa splendida vittoria. Napoli-Roma 2-4, non erano molti quelli pronti a scommetterci. Anzi.
Certo certo, senza il gol di Dybala probabilmente sarebbe stata un’altra partita. Però oh, il calcio è anche questo, prendere o lasciare. E noi, oggi, ce lo prendiamo volentieri.

LETTURA – La cosa che salta all’occhio dell’atteggiamento della Roma di ieri sera è certamente la lettura dei momenti: guidati dall’illuminata serata di mister Di Francesco, i giallorossi hanno saputo alternare fasi di pressing alto a momenti di baricentro basso, pronti ad aspettare il Napoli per poi ripartire. Ed è proprio con le ripartenze che i capitolini hanno colpito e affondato la prima della classe. Prima il rocambolesco gol di Under, viziato da una deviazione decisiva di Mario Rui. Poi la capocciata di Dzeko, con cross al bacio di Florenzi. Di nuovo Dzeko, dribbling secco e sinistro a giro. Infine Perotti, che ringrazia Rui per il goffo tentativo di rinvio del portoghese che spalanca la porta al monito.

TORINO – Proprio Perotti cerca di freddare i facili entusiasmi: «Prima di tutto non dobbiamo rilassarci troppo con questa vittoria, non abbiamo fatto nulla. E’ successo già altre volte che abbiamo fatto un buon risultato e poi perdiamo punti. Dobbiamo essere consapevoli che non abbiamo fatto nulla e finire la stagione al meglio». Eh si, perché tante volte la Roma ci ha dimostrato che la continuità è spesso manchevole, nelle prestazioni prima e nei risultati poi. Venerdì ci sarà il Torino, che dopo un ottimo periodo successivo all’esonero di Mihajlovic e all’ingaggio di Mazzarri sta vivendo un momento di flessione. Una gara ampiamente alla portata dei giallorossi, specialmente di quelli visti ieri sera, nonostante le assenze a cui dovranno far fronte. Due per la precisione: Fazio e Dzeko, entrambi diffidati ed entrambi ammoniti, salteranno il match contro i granata.

SCELTE – Contro il Toro ci si aspetta dunque qualche volto nuovo rispetto a quelli scesi in campo al San Paolo, visto soprattutto l’impegno di Champions League con lo Shakhtar Donetsk della settimana prossima, con la Roma chiamata a ribaltare il 2-1 subito in Ucraina. Spazio a Jesus in coppia con Manolas, e possibile esordio dal primo minuto per Jonathan Silva, tornato ormai da una settimana ad allenarsi con il resto del gruppo, con Kolarov a rifiatare in panchina. Possibile turno di riposo anche per Nainggolan, con Pellegrini al suo posto al fianco di De Rossi. Confermato Strootman, che sta trovando una certa continuità nelle ultime prestazioni, così come Under, punto di riferimento ormai nell’attacco di Di Francesco. I dubbi più grandi sono legati agli altri due ruoli del tridente giallorosso: Perotti, nonostante il gol del momentaneo 4-1, non è sembrato poi così in forma; pronto El Shaarawy al suo posto, che scalpita per un posto da titolare dopo diverse panchine e la tribuna di Kharkiv. A fare le veci di Dzeko, invece, dovrebbe esserci Schick: l’ennesima chance che il ceco dovrà essere bravo a sfruttare. L’ambiente Roma si aspetta moltissimo dall’acquisto più costoso della sua storia, e sarebbe ora che il talentuoso classe ’96 cominci a dare risposte concrete, anche in vista della prossima stagione. Così come la Roma, affinché quella di Napoli non rimanga una vittoria bella ma inutile.

Gianluca Notari

Crisi Roma, le scelte sbagliate di Monchi

Gianluca Notari – La stagione è ancora lunga, ma lungo sembra essere anche il tunnel in cui si è cacciata la Roma. La sconfitta interna contro il Milan sancisce quale sia il momento della squadra giallorossa, capace di tutto – come la qualificazione da prima in classifica nel girone di Champions League – e il suo contrario – un campionato che procede a singhiozzo ed un’eliminazione prematura in Coppa Italia.
Le accuse dei tifosi sono rivolte principalmente alla dirigenza, complice secondo loro di aver smantellato una squadra competitiva senza aver le capacità per rimpiazzare i giocatori partiti. “Qui non i vende, qui si vince” aveva detto Monchi in una delle sue prime conferenze stampa, ma la sensazione che rimane ai supporters giallorossi è quella di una squadra in affanno che fatica ancora a recepire i dettami tattici di Eusebio Di Francesco. Ma il tecnico ex Sassuolo, così come la rosa consegnatagli a inizio anno, sono frutto delle decisioni di Monchi e, procedendo con ordine nell’analisi del suo lavoro, non si fatica molto prima di trovare alcune scelte che lasciano non pochi dubbi.

DIFESA – Ceduto Antonio Rudiger, la rosa della Roma poteva comunque contare su diverse soluzioni: oltre a Manolas, stella del reparto, Fazio e Juan Jesus erano difficilmente considerabili all’altezza del tedesco partito in direzione Chelsea. Auspicabilmente, Monchi avrebbe dovuto puntare su un titolare, ma fra tutte le scelte possibili lo spagnolo ha scelto di puntare su Hector Moreno. Dopo una (piccola) manciata di presenze, il messicano è partito verso la Spagna, lasciando la Roma con tre soli centrali più il rientrante Elio Capradossi. Sull’out di sinistra si è dimostrata sicuramente vincente la scelta di puntare su Aleksandar Kolarov, anche se al serbo avrebbe fatto comodo un sostituto. In realtà il sostituto c’era pure, se non fosse che non appena rientrato dall’infortunio, anche Emerson Palmieri è stato ceduto al Chelsea. Sulla destra, invece, Rick Karsdorp è stato acquistato infortunato ed è rimasto indisponibile per quasi metà stagione.

CENTROCAMPO – Nonostante sia uno dei reparti che ha subito meno defezioni, la linea mediana di Eusebio Di Francesco stenta a decollare. Oltre ai soliti Nainggolan, Strootman e De Rossi – anche loro non esenti da critiche -, gli acquisti di Pellegrini e soprattutto Gonalons hanno impoverito il reparto dopo le partenze estive di Paredes e Keita. Il francese, in particolar modo, avrebbe dovuto contendere il posto a Daniele De Rossi ma, viste le poche garanzie fornite dall’ex Lione, il capitano giallorosso è costantemente costretto agli straordinari.

ATTACCO – Probabilmente è qui che risiedono le maggiori colpe di Monchi: dopo aver venduto Salah e passato un’intera estate a rincorrere Mahrez, rimasto poi a Leicester, nelle ultime ore di mercato il ds ha chiuso l’acquisto di Patrik Schick. Un ottimo prospetto, su questo non ci piove, ma alla squadra serviva un esterno d’attacco, cosa che difficilmente il ceco potrà fare. Visto pochissimo fino ad ora – anche lui alle prese con diversi guai fisici -, la posizione di ala destra è stata occupata fino ad ora da Defrel – arrivato come vice-Dzeko -, Gerson e Under, che dopo mesi di adattamento sta finalmente giustificando i milioni spesi per lui in estate.

Monchi non è certo l’unico responsabile di questa annata poco esaltante e le sue scelte non si dimostreranno tutte errate. Ma dopo il secondo posto e gli 87 punti della scorsa stagione, i tifosi speravano fosse arrivato il momento del definitivo salto di qualità. Appuntamento al prossimo anno, dunque, o forse a al successivo, oppure a quello seguente, magari a quello dopo ancora…

Gianluca Notari

1998, Roma-Milan 5-0. Zeman batte Capello, doppietta di Di Biagio poi Candela, Paulo Sergio e Delvecchio

Luca Fantoni – Mai un confronto tra Roma e Milan era finito con cinque gol di scarto, da una parte o dall’altra. Successe solo quel giorno di maggio del 1998. Era la Roma di Zeman, che lottava per entrare in Europa, contro il Milan, allenato da Capello, che invece si assestava a metà classifica. Uno scontro tra due tecnici che hanno segnato, e non poco, la storia giallorossa. Da una parte l’ideologia, il credo calcistico e il gioco spumeggiante ma non accompagnato da risultati, dall’altra il pragmatismo, la voglia di vincere e uno scudetto portato a casa. I capitolini, dalla difesa in su, avevano un’ottima squadra. In porta giocava Chimenti. La difesa a quattro era formata da Aldair a destra, spostato terzino per l’occasione, Petruzzi e Zago al centro con Candela a sinistra. I tre di centrocampo erano Tommasi, Di Biagio e Di Francesco mentre in attacco Paulo Sergio e Totti assistevano Delvecchio. I rossoneri rispondevano con un 5-3-2 con Rossi tra i pali. Cruz e Maldini erano i due esterni mentre i tre centrali erano Daino, Costacurta e Desailly. Bà, Donadoni e Ziege costituivano il terzetto di centrocampo mentre le due punte erano Maniero e Weah.

DOMINIO – Il primo tempo assomiglia molto ad un allenamento. Per la Roma è tutto troppo facile. Ci pensa subito Paulo Sergio a scaldare i guantoni di Rossi, poi al 16’ è Candela a salire in cattedra. Il francese infatti raccoglie un pallone che rimbalzava a circa venticinque metri dalla porta e al volo lo mette all’angolino. Dopo quattro minuti Totti viene stesso in area da Ziege e l’arbitro Farina concede il rigore. Dal dischetto lo specialista Di Biagio non sbaglia. Il centrocampista italiano si ripete poco dopo con un gran tiro di sinistro da fuori area, firmando la sua doppietta. A calare il poker ci pensa il brasiliano Paulo Sergio che con un dribbling salta secco Costacurta e poi batte facilmente Rossi. 4-0 alla fine del primo tempo, il dominio è totale. Nella ripresa i ritmi si abbassano vertiginosamente con i capitolini che si limitano ad amministrare il gioco, riuscendo però a trovare anche il quinto gol con Delvecchio che sfrutta un bellissimo cross di Di Francesco e di testa mette la palla in rete. Cinque gol e tre punti fondamentali per il quarto posto finale.

TRE PARTITE DECISIVE – Milan, Napoli e Torino. Queste sono le tre squadre che attendono la Roma nelle prossime giornate di campionato. Tre sfide difficili, quella a Napoli quasi proibitiva. Alla fine di questo mini ciclo potremmo avere indicazioni importanti sull’andamento della stagione dei giallorossi. Ad aiutare i ragazzi di Di Francesco c’è il fatto che il calendario non è agevole neanche per le dirette concorrenti con la Lazio che dovrà incontrare Sassuolo, Juventus e Cagliari (con Milan e Dinamo Kiev in mezzo) mentre l’Inter dopo il Benevento affronterà Milan e Napoli. Fare sette punti in questi tre match sarebbe fondamentale e potrebbe mettere una seria ipoteca sul terzo posto finale. La volata è partita, ora sta alla Roma dimostrare di essere superiore e cominciare a prendere il largo.

Luca Fantoni