1999, Atletico Madrid-Roma 2-1. Di Francesco dal campo alla panchina, per non ripetere gli stessi errori

Luca Fantoni – Dominazione spagnola. No, non parliamo di quella del XVI secolo, ma di una sera di marzo del 1999 in cui l’Atletico Madrid, all’epoca una squadra di medio-bassa classifica, annientò la Roma, vincendo solo 2-1 a causa di molta sfortunae di una punizione splendida di Di Biagio. Era il secondo anno di Zeman, non sicuramente una stagione da ricordare, terminata con il 6° posto in campionato, ma la differenza tecnica tra le due squadre, quella sera, fu veramente esagerata. I giallorossi schieravano Chimenti in porta. La difesa era formata da Cafu, Zago, Aldair e Candela. I tre di centrocampo erano Tommasi, Di Biagio e Di Francesco mentre Totti e Paulo Sergio sostenevano Delvecchio in avanti. I colchoneros di Aguiar rispondevano con Molina tra i pali. Serena a destra, Toni a sinistra e Chamot e Denia al centro. Nel centrocampo a 5, sulle fasce giocavano Baraja e Roberto mentre al centro Aguilera, Jugovic e Juninho Paulista. L’unica punta era quello spagnolo che poi fu acquistato per 20 milioni dal Milan, Josè Mari.

LA PARTITA – Nei primi minuti c’è subito un botta e risposta, con l’Atletico che si rende pericoloso con un tiro da fuori, mentre la Roma con un colpo di testa di Delvecchiodeviato in angolo. Al 13° minuto i colchoneros passano in vantaggio. Serena mette un cross per Jose Mari che di testa è bravissimo a battere Chimenti. La pressione dei padroni di casa si fa insistente ed è sempre l’attaccante spagnolo ad andare vicino al raddoppio con un destro a giro che si infrange sul palo. La seconda frazione si apre come peggio non avrebbe potuto. Candela perde un pallone sulla trequarti offensiva, sul capovolgimento di fronte Roberto mette a sedere due volte, con i suoi dribbling, lo stesso francese e poi lascia partire un destro che si infila sotto la traversa, è 2-0. A questo punto i giallorossi cercano di reagire, per salvare almeno la faccia. Totti impensierisce Molina con un tiro da fuori, mentre Di Francesco viene atterrato in area ma l’arbitro Sars lascia correre. Al 75° arriva la rete del 2-1. Di Biagio calcia una punizione da circa 30/35 metri e piazza il pallone sotto l’incrocio. Da questo momento le due formazioni abbassano il ritmo, senza creare ulteriori pericoli fino alla fine del match.

Sono passati quasi 18 anni. Oggi Di Francesco non è più in campo ma in panchina. Quel giorno, anche se ne è uscito sconfitto, ha imparato com’è giocare in un’atmosfera calda come quella del Vicente Calderòn allora, e del Wanda Metropolitano adesso. Il tecnico pescarese deve riscattare quella sconfitta bruciante in Coppa Uefa e ha un’occasione ghiotta perché la Roma, con un risultato positivo, si qualificherebbe agli ottavi di finale di Champions League. Si devono rivoltare le carte in tavola. Deve iniziare il dominio romano in Spagna. L’anno scorso i giallorossi hanno conquistato Vila-Real, ora è arrivato il momento di Madrid.

Luca Fantoni

Roma, occhio ai festeggiamenti

Margherita Bellecca – Festeggiare ma non troppo. La Roma è attesa da un’altra sfida difficile e delicata, contro l’Atletico Madrid, al Wanda Metropolitano nel mercoledì di Champions. Per la squadra di Simeone è l’ultima spiaggia poiché si trova a 3 punti in classifica, a 5 lunghezze dai  giallorossi che potrebbero staccare il pass per gli ottavi di finale in caso di pareggio o vittoria, altrimenti dovranno aspettare la partita casalinga contro il Qarabag.

Di Francesco tornerà ad affidarsi al turnover per continuare la rotazione dei suoi giocatori, vista anche la fatica accumulata durante il derby. In difesa riposerà Florenzi, alle prese con una leggera infiammazione al ginocchio destro, quello non operato. Stessa sorte per Fazio. I due lasceranno il posto a Peres, caricato da una grande chiusura su Lukaku contro la Lazio, e a Jesus, uno dei giocatori rivitalizzati quest’anno dal tecnico. Il resto del reparto vedrà agire Manolas e Kolarov, davanti ad Alisson. A centrocampo potrebbe tirare il fiato Nainggolan, anche per non aggravare il guaio all’inguine che gli è quasi costato il derby. Pellegrini scalpita ed è pronto a tornare titolare. Per un romano che entra uno che esce perché De Rossi, muro difensivo al derby, potrebbe lasciare spazio a Gonalons. Conferma per Strootman. Rebus anche in attacco per Di Francesco. Se Dzeko e Perotti sono tranquilli, lo stesso non si può dire di El Shaarawy visto che alle sue spalle spinge Gerson con Defrel leggermente defilato. Niente da fare per Under e Schick. Il ceco potrebbe tornare in panchina contro il Genoa.

I Colchoneros, che durante l’ultimo turno di Liga hanno pareggiato il loro derby contro il Real, sono pronti a rischiare tutto di fronte al pienone del loro nuovissimo stadio. Simeone si affiderà a Griezmann che, anche se non sta vivendo un grande momento, è sempre pericoloso  con i suoi guizzi. Da decidere il partner del francese. Si giocano una maglia da titolare Correa, Gameiro  e Fernando Torres. Il centrocampo vedrà protagonisti Koke, Gabi, Thomas e Saul, sembra tagliato fuori Ferreira Carrasco. La difesa, il reparto più forte dell’Atletico, si reggerà sui giganti Godin e Gimenez, sulle fasce Juanfran e Lucas, in porta Oblak.

“Testa a Madrid” ha ordinato Di Francesco ai suoi alla ripresa degli allenamenti e così sarà. Ad attendere e a sostenere la Roma 3000 tifosi che faranno sentire il loro calore anche lontano dalla Capitale. Gli ottavi sono ad un passo ma guai a prendere sottogamba una partita che potrebbe far tornare la Roma tra le migliori 16 d’Europa.

Margherita Bellecca

Il trionfo nel derby

Lavinia Colasanto – E’ il trionfo del popolo romanista giunto in massa allo Stadio Olimpico. Della Curva Sud che con la coreografia ad inizio partita, con una parola, ha messo in chiaro le cose.

E’ il trionfo di Eusebio Di Francesco e del suo calcio. Una Roma coraggiosa ma allo stesso tempo attenta, che si conferma la miglior difesa della Serie A lasciando le briciole alla Lazio e pungendo nel momento decisivo della partita.

E’ il trionfo di Aleksandar Kolarov, ex laziale ma romanista nel cuore con quelle esultanze che sanno di leadership e di liberazione. E’ il trionfo di Diego Perotti che avrà pure il tiro da zero a zero ma che quando si presenta dal dischetto è letale come un cobra. Passeggia verso la palla come se fosse in un parco, si avvicina al momento della battuta e poi apre il piatto destro  con la palla che si va ad infilare a fil di palo. Imprendibile per i portieri, chiedere a Strakosha.

E’ il trionfo di Radja Nainggolan, in dubbio fino a poche ore dalla partita. E’ sceso in campo con mezza gamba ma ha dato tutto se stesso prendendo i voti più alti in pagella. La voglia era quella dei giorni migliori, quella che ti fa sparire anche il più grosso dolore e allora via a correre sotto la Curva Sud sovrastato poi da tutti i suoi compagni.

E allora non c’è raccattapalle, non ci sono infortuni veri o finti, non ci sono perdite di tempo, c’è solo la Roma che ha meritato di vincere il derby e che si è dimostrata più forte sul campo. Ora la testa è già a Madrid, c’è una qualificazione agli ottavi da conquistare.

Lavinia Colasanto

Roma-Lazio 2-1: le pagelle. Radja, perché non giochi sempre acciaccato? Cuore giallorosso, derby a DiFra

Simone Indovino – Missione compiuta! La Roma sconfigge la Lazio nella stracittadina per 2-1 e la scavalca in classifica. Perotti e Nainggolan sigillano questo splendido successo che può dare una carica morale non indifferente alla squadra di Di Francesco, che prevale sul collega Inzaghi. L’imprecisione di Manolas e il conseguente gol di Immobile dal dischetto complicano il finale di gara facendo saltare le coronarie di tutti i tifosi capitolini sia allo stadio che non ma con convinzione i giallorossi hanno chiuso tutte le porte riuscendo a mantenere il vantaggio.

ROMA

Alisson 6 – Piedi quasi da regista, con cui innesca diverse volte alcuni contropiedi. Sfiora il rigore tirato da Immobile ma alla fine deve raccogliere il pallone in fondo al sacco. Poteva certamente essere più lesto nell’occasione del fallo di mano compiuto da Manolas.

Florenzi 6.5 – Soffre inizialmente la velocità degli attaccanti della Lazio, poi prende le misure e la qualità delle sue giocate cresce sia in fase difensiva che offensiva. Accusa l’ingresso del più fresco Lukaku ed è poi costretto a lasciare il campo per un fastidio al ginocchio.

Manolas 6.5 – Partita monumentale, macchiata dall’imprecisione causata dalla poca concentrazione nell’immediato. Peccato, perché il greco aveva di certo messo a disposizione dei suoi una prestazione di un livello davvero elevato.

Fazio 7.5 – Gigante, Comandante, come sempre. Un leader vero, con tutta la sua calma olimpica. Allontana tutto quello che si può allontanare, facendo restare altissima l’attenzione dei suoi compagni di reparto. Si invola spesso e volentieri in azioni personali in zona offensiva con ottimi risultati. Ennesima, splendida conferma.

Kolarov 7 – La catena di sinistra con Perotti funziona che è una meraviglia. Si procura il rigore che sblocca in maniera meritata nel risultato e imprime la sua potenza carismatica per tutti i lunghissimi 96 minuti.

De Rossi 7 – Lavoro a tutto campo per il Capitano della Roma. Trasforma la delusione azzurra in carica agonistica per la sua squadra, disegnando precise geometrie in mezzo al terreno di gioco. Si batte anche fisicamente, infatti è spesso bersagliato degli avversari.

Strootman 6.5 – In avvio è subito uno dei più propositivi, inserendosi spesso e macinando chilometri. Rimane su questa scia per tutta la partita: il suo lavoro in ombra è sempre fondamentale per il mister.

Nainggolan 8 – Se ancora ce ne fosse il bisogno oggi il Ninja ha fatto innamorare definitivamente i suoi tifosi. Era acciaccato, non si è allenato per tutta la settimana ma riesce a sfoderare una gara al limite della perfezione. Pressing a tutto campo e siluro dal limite dell’area di rigore per il 2-0 momentaneo. Gigantesco.

El Shaarawy 6 – Non di certo una delle apparizioni più brillanti degli ultimi splendidi mesi, ma il Faraone conferisce un preziosissimo contributo in ripiegamento a Florenzi.

Perotti 7.5 – Ricomincia come aveva finito Diego, con un gol decisivo. La solita freddezza dagli 11 metri è solo la testimonianza di una tecnica invidiabile e l’argentino, quando è in giornata come oggi, è imprendibile per chiunque.

Dzeko 7 – La marcatura tarda ad arrivare ma se Edin continua a giocare in questa maniera ci si farà pure una ragione. Un vero regista offensivo con i fiocchi, che fa salire la squadra e permette a coloro che gli stanno intorno di rendere al massimo delle loro potenzialità. Nei primi 50 minuti è l’unico ad andare pericolosamente vicino alla rete.

Gerson 6.5 – La maturità si vede dalle piccole cose. Fa il suo ingresso in campo con una grinta invidiabile e condisce i minuti a sua disposizione con spunti in velocità e contrasti fisici.

Bruno Peres 6.5 – L’esultanza dopo un tackle su Lukaku testimonia la voglia che l’ex Torino ha maturato. Recuperarlo definitivamente potrebbe essere l’ennesimo piccolo capolavoro di Di Francesco.

Juan Jesus 6.5 – Pochissimi minuti per il brasiliano che tuttavia si rende preziosissimo aiutando a sventare gli ultimi assalti biancocelesti.

Di Francesco 8 – La sosta questa volta non è indigesta alla sua squadra che sublima la supremazia cittadina. Un altro, enorme complimento al mister che sfrutta la presenza di Nainggolan e schiera un undici perfetto per abbattere la Lazio e raggiungerla in classifica. Imperativo di adesso: continuare a lavorare senza timore.

Simone Indovino

Che Derby!

Margherita Bellecca – E’ il trionfo del popolo romanista giunto in massa allo Stadio Olimpico. Della Curva Sud che con la coreografia ad inizio partita, con una parola, ha messo in chiaro le cose. E’ il trionfo di Eusebio Di Francesco e del suo calcio. Una Roma coraggiosa ma allo stesso tempo attenta, che si conferma la miglior difesa della Serie A lasciando le briciole alla Lazio e pungendo nel momento decisivo della partita.

E’ il trionfo di Aleksandar Kolarov, ex laziale ma romanista nel cuore con quelle esultanze che sanno di leadership e di liberazione. E’ il trionfo di Diego Perotti che avrà pure il tiro da zero a zero ma che quando si presenta dal dischetto è letale come un cobra. Passeggia verso la palla come se fosse in un parco, si avvicina al momento della battuta e poi apre il piatto destro con la palla che si va ad infilare a fil di palo. Imprendibile per i portieri, chiedere a Strakosha.

E’ il trionfo di Radja Nainggolan, in dubbio fino a poche ore dalla partita. E’ sceso in campo con mezza gamba ma ha dato tutto se stesso prendendo i voti più alti in pagella. La voglia era quella dei giorni migliori, quella che ti fa sparire anche il più grosso dolore e allora via a correre sotto la Curva Sud sovrastato poi da tutti i suoi compagni.E allora non c’è raccattapalle, non ci sono infortuni veri o finti, non ci sono perdite di tempo, c’è solo la Roma che ha meritato di vincere il derby e che si è dimostrata più forte sul campo. Ora la testa è già a Madrid, c’è una qualificazione agli ottavi da conquistare.

Moscardelli: «Grazie Totti per le emozioni che mi hai dato. Scudetto? La Roma c’è. Vinciamo il derby»

David Moresco – Davide Moscardelli, giocatore dell’Arezzo ma noto per la sua fede romanista, è stato intervistato dalla redazione di Pagine Romaniste. Tra i diversi argomenti trattati, l’ex Bologna e Chievo ha parlato di Nazionale, di Totti e De Rossi e, immancabilmente, di derby. Queste le sue parole rilasciate a PR:

Due anni che sei ad Arezzo, come ti trovi?
Bene, molto bene. Soprattutto l’anno scorso ho fatto un buon campionato con la squadra, quest’anno stiamo trovando un po’ di difficoltà specialmente nelle partite in casa, l’opposto dell’anno scorso, quindi dobbiamo migliorare quello. Di strada ancora ce n’è da fare, speriamo di migliorare il prima possibile.

Hai iniziato come terzino sinistro, poi come sei finito in attacco?
Ero meno di un bambino quindi i miei ricordi sono da attaccante vero, forse stavo troppo avanti e al mister non piaceva questa cosa quindi mi ha spostato in avanti comunque è sempre stato il ruolo che mi piace di più anche perché il calcio si basa tutto sul gol, volevo un ruolo da protagonista.

29 agosto 2010. Il tuo primo gol in Serie A all’esordio contro il Catania. Ci racconti questa giornata?
Ho dormito poco prima e dopo. È un ricordo bellissimo, finalmente la Serie A a trent’anni, già solo quello era stupendo. Il pensiero era di godermi quella partita, poi è arrivato anche il gol e la vittoria quindi per un calciatore è stata la giornata perfetta.

La tua prima partita allo stadio Olimpico è stata all’addio di Bruno Conti. Com’è andata? Ti sei emozionato?
Si, ero veramente piccolo, ma mio padre mi ha portato per la prima volta allo stadio per una festa. Mi ricordo che per salire in tribuna Tevere dalle scalinate ho visto quello stadio enorme, tutta quella gente, è stata una grande emozione. È una delle poche cose che ricordo di quando ero bambino e rimarrà sempre dentro di me.

Veniamo alla Nazionale, ti aspettavi un fallimento del genere?
Nessuno se lo aspettava. Erano alla nostra portata, devo ancora metabolizzare perché sarà dura quando inizieranno i Mondiali, è un peccato, ma possiamo prendere questa cosa per iniziare una rivoluzione totale per tutto il movimento e ripartire dai giovani, dai vivai e da qualsiasi altra cosa. In questo l’Italia è forte, riesce a ripartire dalle cose più brutte e questa calcisticamente è la pagina peggiore del calcio italiano. Bisogna pensare a ripartire subito.

Daniele De Rossi ha lasciato la maglia azzurra. Vuoi mandargli un messaggio?
E’ stato un grande, lo è e lo sarà ancora per me. Mi spiace che ha chiuso così, come Buffon, Barzagli e gli altri veterani dopo tante partite in Nazionale, tante vittorie e anche qualche sofferenza. Però come giocatore e come uomo lo conosciamo, dà sempre tutto sia per la maglia della Roma che per quella della Nazionale. Dispiace che ha finito così, ma non ha niente da rimproverarsi perché ci ha sempre messo la faccia.

Che pensi della Roma di Di Francesco?
Penso che stia facendo un ottimo campionato, forse sopra le aspettative di tutti, però non è così strano perché ha sempre fatto bene come allenatore, poi conoscendo l’ambiente sapeva quanto potesse essere difficile, ma lui è andato avanti con le sue idee giustamente e adesso i frutti si stanno vedendo. L’importante è che continui così.

Una delle idee fondamentali di Di Francesco è il turnover. Da giocatore come vivevi questi continui cambi?
Se danno i risultati bene, perché quando arriva il risultato tutto passa in secondo piano, quella è la cosa principale. Penso sia un fatto di responsabilizzare tutti, ognuno si sente importante e tutti si sentono di dare qualcosa in più perché poi l’occasione arriva e se non la sai cogliere ci rimetti solo tu. Quello deve essere il pensiero del giocatore e credo sia quello che stanno facendo.

Quando giocavi contro la Roma come vivevi il pre-partita e la partita stessa?
Era un’emozione diversa, sentita di più. Poi quando inizia la partita queste cose vengono meno perché il pensiero è sempre quello di far bene per la tua squadra, ma prima era sicuramente un’emozione diversa.

L’attaccante della Roma è Dzeko. Che pensi del bosniaco?
Io sono sempre stato un suo ammiratore dato anche il ruolo. Il primo anno lo ha fatto un po’ così alla Roma, ma data la sua storia si poteva immaginare che avrebbe fatto un po’ di fatica. Poi anno scorso ha fatto vedere a tutti quello che è e quest’anno lo sta dimostrando di nuovo, ultimamente meno con i gol, ma con la prestazione che c’è sempre stata, con l’impegno di aiutare la squadra ed entrare sempre nel vivo del gioco che per una prima punta non è sempre facile o scontato. Mi piace molto per quello, poi per un attaccante il gol è tutto, ma la squadra giocando così crea tantissime occasioni anche per gli altri giocatori quindi lui riesce ad aiutare il gruppo per il risultato finale.

Che hai pensato durante l’addio al calcio di Francesco Totti?
Come te lo spiego? Ci sono cresciuto, è difficile. Si sapeva che prima o poi sarebbe arrivato quel giorno, è stata dura digerire e ancora lo è adesso. Quando vedi la Roma pensi sempre al capitano, è normale. Posso solo che ringraziarlo per le emozioni che mi ha regalato per una vita intera.

Da avversario com’era? Come lo si affrontava?
Sperando che non fosse in giornata, ma anche se non lo era il colpo da campione ce l’ha sempre avuto. O con un passaggio o con un tiro poteva risolvere la partita quindi attenzione massima su di lui che a volte neanche bastava perché con il pensiero e la tecnica era avanti.

Che dirigente può diventare?
Sicuramente non forte come è stato da calciatore. Potrà dare una mano ai giovani che si affacciano con questa società e con questa maglia, sarà molto importante e saprà dare dei consigli importanti soprattutto a loro.

Favorita per lo Scudetto? Le prime posizioni?
La Juve è quella da battere quindi ci si deve mettere per forza. Per quanto riguarda il gioco metto il Napoli che sta facendo un campionato importante. L’Inter per l’allenatore che ha in panchina, che conosciamo bene. Naturalmente ci metto anche la Roma. È più livellato, ci sono più squadre ma alla fine il pensiero va alla Juve e al Napoli, la Roma sta dietro ad aspettare qualche passo falso.

Oltre a Juve e Napoli nelle prime posizioni c’è anche la Lazio. Da giocatore quando giocavi contro di loro avevi qualcosa in più?
Si, pensavo di sì, ma da come sono andate le partite no, perché forse la sentivo troppo. Non ho fatto le mie migliori prestazioni. Peccato perché era una partita a cui tenevo tanto, quasi da dimenticare.

Passando alla Champions League, dove può arrivare la Roma dopo questo inizio folgorante?
Anche lì l’inizio è stato sopra le aspettative di tutti, può finire il girone da prima in classifica, sta facendo grandi cose anche in Champions League. Vediamo di passare questo girone, poi ulteriori considerazioni saranno fatte dopo l’abbinamento con la prossima squadra da affrontare.

Tu sei nato in Belgio come Nainggolan: che idea hai di questo giocatore e che avversario era in campo?
Era tosto (ride, ndr), era tosto già a 19 anni quando giocavamo insieme a Piacenza. Glielo dicevo sempre: hai una forza che neanche tu te ne rendi conto. Era ancora giovanissimo e adesso è uno dei centrocampisti più forti al mondo, quindi sono contento che sia rimasto a Roma e spero rimanga ancora per molto. Posso tifare per lui e per il Belgio in questo Mondiale, gli faccio sicuramente un grosso in bocca al lupo.

Sempre a proposito di Belgio, i rapporti con il ct Martinez ultimamente sono un po’ burrascosi. Ti sei fatto un’idea sul perché? Cosa diresti all’allenatore?
No, non ho la più pallida idea del perché di questo comportamento. Ultimamente lo ha richiamato, Nainggolan è un giocatore troppo importante per la Nazionale e per qualsiasi altra squadra, quindi dovrà fare un passo indietro e portarlo ai Mondiali perché non può fare a meno di un giocatore così.

Tornando al campionato, sabato c’è il derby. Come si avvicinano Roma e Lazio a questa gara?
Si avvicinano benissimo tutte e due, mi auguro sia un derby con uno stadio pieno e con tanta gente. Sicuramente una bellissima partita, sperando che alla fine si parli solo e soltanto di quello, poi il risultato mai come quest’anno potrebbe essere in bilico perché stanno tutte e due facendo un campionato fantastico. Sicuramente spero che vinca la Roma, lo vivo sempre con il pensiero che possa vincerlo ma i derby sono strani, potrebbe essere uno dei derby più belli degli ultimi anni.

C’è un derby a cui sei particolarmente legato?
Sono tanti. E’ scontato dire il 5 a 1 con i quattro gol di Montella, ma ne ricordo anche un altri non per forza vinti, come quello del 3 pari dove la Roma perdeva per 3 a 1, riuscì a fare il 3 pari e poi venne annullato a Delvecchio il gol del 4 a 3, mi ricordo quell’esultanza poi vana. Quello fu un derby vissuto dall’inizio alla fine come dovrebbe essere vissuto, poi il risultato magari ti penalizza ma durante la partita è quella l’emozione che ti deve dare un derby.

Sulle panchine di Roma e Lazio siedono due allenatori giovani ma molto bravi. La tua idea su Di Francesco ed Inzaghi?
Stanno facendo bene, Di Francesco aveva un ruolo difficile da prendere e Inzaghi lo stesso. Inzaghi sta facendo veramente bene e gli faccio i complimenti, la squadra lo segue e si fa ben volere da tutti, sa gestire bene il gruppo e giocano bene, ha fatto veramente un gran lavoro, così come Di Francesco. Anche in panchina quindi è un bel derby tra due allenatori che stanno facendo veramente bene, potrebbe essere una sfida nella sfida ma spero che la vinca mister Eusebio.

Risultato secco?
2 a 1 per la Roma.

David Moresco

Un derby eterno per Francesco Totti

Serena Randazzo – Il derby forse più difficile nella carriera di Francesco Totti. Questa sarà la prima volta in cui, l’ormai ex capitano della Roma, assisterà dagli spalti alla partita più attesa da tutta la Capitale. In tribuna, tiferà per la sua tanto amata squadra, ma questa volta in mezzo alla sua gente. Finalmente capirà cosa significa un derby per un tifoso: dalla mattina quando ti svegli e inizi il conto alla rovescia, aspettando tutto il giorno il fischio d’inizio, al pomeriggio quando mancano ormai poche ore e il cuore ti batte in gola, fino a quando poi arriva il tanto agoniato momento e non conta più nemmeno la formazione, perchè a scendere in campo non saranno gli undici titolari, ma un’intera tifoseria. Francesco proverà questo, dalla mattina quando entrerà nel suo ufficio, alla sera quando sentirà lo stadio intero intonare “Roma, Roma, Roma”. 

Nessuno saprà mai meglio di lui cosa significa giocare questa partita. E’ il primatista con 44 scontri giocati e 11 gol segnati. Ha vissuto 25 anni di derby. 25 anni caratterizzati da esultanze, sfottò, sconfitte, vittorie e selfie sotto la Sud, sicuramente l’episodio più atipico in tutta la storia di questa meravigliosa sfida. Riuscirà a capire perchè Roma è una piazza così difficile, guarderà negli occhi la gente intorno a lui e percepirà la passione e l’amore sconfinato che si prova per questi colori. Un amore incondizionato che lui ha vissuto, apprezzato e contraccambiato. E chissà se riuscirà anche a cantare “Grazie Roma” tra lacrime e brividi di una vittoria, la sua prima da dirigente. Di emozioni da giocatore ne ha regalate tante, per una volta potrà quindi accomodarsi sulla poltrona e godersi lo spettacolo. 

Serena Randazzo

Moscardelli: «Grazie Totti per le emozioni che mi hai dato. Scudetto? La Roma c’è. Vinciamo il derby»

Simone Burioni – Davide Moscardelli, giocatore dell’Arezzo ma noto per la sua fede romanista, è stato intervistato dalla nostra redazione. Tra i diversi argomenti trattati, l’ex Bologna e Chievo ha parlato di Nazionale, di TottiDe Rossi e, immancabilmente, di derby. Queste le sue parole:

Due anni che sei ad Arezzo, come ti trovi?
Bene, molto bene. Soprattutto l’anno scorso ho fatto un buon campionato con la squadra, quest’anno stiamo trovando un po’ di difficoltà specialmente nelle partite in casa, l’opposto dell’anno scorso, quindi dobbiamo migliorare quello. Di strada ancora ce n’è da fare, speriamo di migliorare il prima possibile.

Hai iniziato come terzino sinistro, poi come sei finito in attacco?
Ero meno di un bambino quindi i miei ricordi sono da attaccante vero, forse stavo troppo avanti e al mister non piaceva questa cosa quindi mi ha spostato in avanti comunque è sempre stato il ruolo che mi piace di più anche perché il calcio si basa tutto sul gol, volevo un ruolo da protagonista.

29 agosto 2010. Il tuo primo gol in Serie A all’esordio contro il Catania. Ci racconti questa giornata?
Ho dormito poco prima e dopo. È un ricordo bellissimo, finalmente la Serie A a trent’anni, già solo quello era stupendo. Il pensiero era di godermi quella partita, poi è arrivato anche il gol e la vittoria quindi per un calciatore è stata la giornata perfetta.

La tua prima partita allo stadio Olimpico è stata all’addio di Bruno Conti. Com’è andata? Ti sei emozionato?
Si, ero veramente piccolo, ma mio padre mi ha portato per la prima volta allo stadio per una festa. Mi ricordo che per salire in tribuna Tevere dalle scalinate ho visto quello stadio enorme, tutta quella gente, è stata una grande emozione. È una delle poche cose che ricordo di quando ero bambino e rimarrà sempre dentro di me.

Veniamo alla Nazionale, ti aspettavi un fallimento del genere?
Nessuno se lo aspettava. Erano alla nostra portata, devo ancora metabolizzare perché sarà dura quando inizieranno i Mondiali, è un peccato, ma possiamo prendere questa cosa per iniziare una rivoluzione totale per tutto il movimento e ripartire dai giovani, dai vivai e da qualsiasi altra cosa. In questo l’Italia è forte, riesce a ripartire dalle cose più brutte e questa calcisticamente è la pagina peggiore del calcio italiano. Bisogna pensare a ripartire subito.

Daniele De Rossi ha lasciato la maglia azzurra. Vuoi mandargli un messaggio?
E’ stato un grande, lo è e lo sarà ancora per me. Mi spiace che ha chiuso così, come Buffon, Barzagli e gli altri veterani dopo tante partite in Nazionale, tante vittorie e anche qualche sofferenza. Però come giocatore e come uomo lo conosciamo, dà sempre tutto sia per la maglia della Roma che per quella della Nazionale. Dispiace che ha finito così, ma non ha niente da rimproverarsi perché ci ha sempre messo la faccia.

Che pensi della Roma di Di Francesco?
Penso che stia facendo un ottimo campionato, forse sopra le aspettative di tutti, però non è così strano perché ha sempre fatto bene come allenatore, poi conoscendo l’ambiente sapeva quanto potesse essere difficile, ma lui è andato avanti con le sue idee giustamente e adesso i frutti si stanno vedendo. L’importante è che continui così.

Una delle idee fondamentali di Di Francesco è il turnover. Da giocatore come vivevi questi continui cambi?
Se danno i risultati bene, perché quando arriva il risultato tutto passa in secondo piano, quella è la cosa principale. Penso sia un fatto di responsabilizzare tutti, ognuno si sente importante e tutti si sentono di dare qualcosa in più perché poi l’occasione arriva e se non la sai cogliere ci rimetti solo tu. Quello deve essere il pensiero del giocatore e credo sia quello che stanno facendo.

Quando giocavi contro la Roma come vivevi il pre-partita e la partita stessa?
Era un’emozione diversa, sentita di più. Poi quando inizia la partita queste cose vengono meno perché il pensiero è sempre quello di far bene per la tua squadra, ma prima era sicuramente un’emozione diversa.

L’attaccante della Roma è Dzeko. Che pensi del bosniaco?
Io sono sempre stato un suo ammiratore dato anche il ruolo. Il primo anno lo ha fatto un po’ così alla Roma, ma data la sua storia si poteva immaginare che avrebbe fatto un po’ di fatica. Poi anno scorso ha fatto vedere a tutti quello che è e quest’anno lo sta dimostrando di nuovo, ultimamente meno con i gol, ma con la prestazione che c’è sempre stata, con l’impegno di aiutare la squadra ed entrare sempre nel vivo del gioco che per una prima punta non è sempre facile o scontato. Mi piace molto per quello, poi per un attaccante il gol è tutto, ma la squadra giocando così crea tantissime occasioni anche per gli altri giocatori quindi lui riesce ad aiutare il gruppo per il risultato finale.

Che hai pensato durante l’addio al calcio di Francesco Totti?
Come te lo spiego? Ci sono cresciuto, è difficile. Si sapeva che prima o poi sarebbe arrivato quel giorno, è stata dura digerire e ancora lo è adesso. Quando vedi la Roma pensi sempre al capitano, è normale. Posso solo che ringraziarlo per le emozioni che mi ha regalato per una vita intera.

Da avversario com’era? Come lo si affrontava?
Sperando che non fosse in giornata, ma anche se non lo era il colpo da campione ce l’ha sempre avuto. O con un passaggio o con un tiro poteva risolvere la partita quindi attenzione massima su di lui che a volte neanche bastava perché con il pensiero e la tecnica era avanti.

Che dirigente può diventare?
Sicuramente non forte come è stato da calciatore. Potrà dare una mano ai giovani che si affacciano con questa società e con questa maglia, sarà molto importante e saprà dare dei consigli importanti soprattutto a loro.

Favorita per lo Scudetto? Le prime posizioni?
La Juve è quella da battere quindi ci si deve mettere per forza. Per quanto riguarda il gioco metto il Napoli che sta facendo un campionato importante. L’Inter per l’allenatore che ha in panchina, che conosciamo bene. Naturalmente ci metto anche la Roma. È più livellato, ci sono più squadre ma alla fine il pensiero va alla Juve e al Napoli, la Roma sta dietro ad aspettare qualche passo falso.

Oltre a Juve e Napoli nelle prime posizioni c’è anche la Lazio. Da giocatore quando giocavi contro di loro avevi qualcosa in più?
Si, pensavo di sì, ma da come sono andate le partite no, perché forse la sentivo troppo. Non ho fatto le mie migliori prestazioni. Peccato perché era una partita a cui tenevo tanto, quasi da dimenticare.

Passando alla Champions League, dove può arrivare la Roma dopo questo inizio folgorante?
Anche lì l’inizio è stato sopra le aspettative di tutti, può finire il girone da prima in classifica, sta facendo grandi cose anche in Champions League. Vediamo di passare questo girone, poi ulteriori considerazioni saranno fatte dopo l’abbinamento con la prossima squadra da affrontare.

Tu sei nato in Belgio come Nainggolan: che idea hai di questo giocatore e che avversario era in campo?
Era tosto (ride, ndr), era tosto già a 19 anni quando giocavamo insieme a Piacenza. Glielo dicevo sempre: hai una forza che neanche tu te ne rendi conto. Era ancora giovanissimo e adesso è uno dei centrocampisti più forti al mondo, quindi sono contento che sia rimasto a Roma e spero rimanga ancora per molto. Posso tifare per lui e per il Belgio in questo Mondiale, gli faccio sicuramente un grosso in bocca al lupo.

Sempre a proposito di Belgio, i rapporti con il ct Martinez ultimamente sono un po’ burrascosi. Ti sei fatto un’idea sul perché? Cosa diresti all’allenatore?
No, non ho la più pallida idea del perché di questo comportamento. Ultimamente lo ha richiamato, Nainggolan è un giocatore troppo importante per la Nazionale e per qualsiasi altra squadra, quindi dovrà fare un passo indietro e portarlo ai Mondiali perché non può fare a meno di un giocatore così.

Tornando al campionato, sabato c’è il derby. Come si avvicinano Roma e Lazio a questa gara?
Si avvicinano benissimo tutte e due, mi auguro sia un derby con uno stadio pieno e con tanta gente. Sicuramente una bellissima partita, sperando che alla fine si parli solo e soltanto di quello, poi il risultato mai come quest’anno potrebbe essere in bilico perché stanno tutte e due facendo un campionato fantastico. Sicuramente spero che vinca la Roma, lo vivo sempre con il pensiero che possa vincerlo ma i derby sono strani, potrebbe essere uno dei derby più belli degli ultimi anni.

C’è un derby a cui sei particolarmente legato?
Sono tanti. E’ scontato dire il 5 a 1 con i quattro gol di Montella, ma ne ricordo anche un altri non per forza vinti, come quello del 3 pari dove la Roma perdeva per 3 a 1, riuscì a fare il 3 pari e poi venne annullato a Delvecchio il gol del 4 a 3, mi ricordo quell’esultanza poi vana. Quello fu un derby vissuto dall’inizio alla fine come dovrebbe essere vissuto, poi il risultato magari ti penalizza ma durante la partita è quella l’emozione che ti deve dare un derby.

Sulle panchine di Roma e Lazio siedono due allenatori giovani ma molto bravi. La tua idea su Di Francesco ed Inzaghi?
Stanno facendo bene, Di Francesco aveva un ruolo difficile da prendere e Inzaghi lo stesso. Inzaghi sta facendo veramente bene e gli faccio i complimenti, la squadra lo segue e si fa ben volere da tutti, sa gestire bene il gruppo e giocano bene, ha fatto veramente un gran lavoro, così come Di Francesco. Anche in panchina quindi è un bel derby tra due allenatori che stanno facendo veramente bene, potrebbe essere una sfida nella sfida ma spero che la vinca mister Eusebio.

Risultato secco?
2 a 1 per la Roma.

Simone Burioni

2009, Roma-Lazio 1-0. Dalla delusione all’estasi. La notte indimenticabile di Marco Cassetti

Luca Fantoni – Spesso si parla di cos’è il destino, se esista o meno. I tifosi della Roma, in quel derby di inizio dicembre, ne hanno avuto la prova evidente. Cassetti era in panchina, non doveva entrare, eppure Mexes si è infortunato. All’epoca il terzino aveva 32 anni, aveva fatto la sua buona carriera in maglia giallorossa ma difficilmente sarebbe rimasto impresso per molto tempo nella memoria dei tifosi. Eppure, il destino, quel giorno, l’ha fatto entrare in campo e gli ha fatto decidere uno dei derby più belli degli ultimi anni. Dietro ad una grande sostituzione c’è sempre però un grande allenatore. In panchina sedeva Claudio Ranieri, in una delle sue prime partite, nella stagione dello scudetto sfiorato. In porta c’era Julio Sergio, protagonista anche lui. In difesa Burdisso e Riise giocavano sulle fasce con Juan e Mexes al centro. Il centrocampo a tre era formato da De Rossi, Pizarro e Perrotta mentre davanti agivano Menez, Vucinic e capitan Totti. La Lazio di Ballardini si schierava invece con un difensivo 5-3-2 con Muslera tra i pali, la difesa era formata da Lichsteiner, Diakitè, Stendardo, Radu e l’ormai romanista Kolarov. Brocchi, Baronio e Matuzalem giocavano alle spalle del duo d’attacco Mauri-Zarate.

LA PARTITA – Il derby è una partita calda per definizione. Quella del 2009 lo è stata forse troppo. Dopo le prime azioni di Juan e Zarate infatti, al 12° l’arbitro Rizzoli è costretto ad interrompere il match per sei minuti per il lancio di petardi in campo. Quando si riprende a vedere il calcio giocato, il primo pericolo è della Lazio. Julio Sergio è bravo a smanacciare un tiro-cross di Matuzalem. Al 43° il destino effettua il suo corso. Mexes accusa un leggero problema al ginocchio e chiede la sostituzione. Fa il suo ingresso in campo Marco Cassetti. Al 60° entra in scena il secondo protagonista di quella fredda ma dolcissima notte. Zarate anticipa Burdisso, rientra sul destro e calcia in porta prendendo il palo. Sulla respinta Mauri tira a botta sicura ma Julio Sergio decide di chiudere la saracinesca ed effettua un intervento degno della “parata del secolo” di Gordon Banks ai mondiali del ’70. Dopo quella prodezza i giallorossi si scuotono. Prima Perrotta impegna Muslera di testa poi, al 79°, Cassetti blocca Kolarov e riparte. Dopo una serie di passaggi la palla arriva a Vucinic che la mette in mezzo e trova lo stinco di quel terzino che da quel giorno diventerà uno dei beniamini della Curva sud. Nel finale viene espulso Pizarro ma alla Roma importa poco, il derby è giallorosso.

Sono passati 8 anni ed ora si parla di una sfida di alta classifica. Di Francesco, come Ranieri al tempo, è al primo derby da allenatore. Roma è una piazza particolare e, se dovesse arrivare un risultato negativo, potrebbe cancellare quanto di buono fatto fino ad ora da Dzeko e compagni. Il mister non deve essere intimorito. Questa è una di quelle partite che si vincono prima con la testa e poi con le gambe. Il destino ci ha già dimostrato che se qualcosa deve andare in un certo modo ci andrà, e tra i giocatori dei giallorossi ce ne sarebbero parecchi che meriterebbero un riscatto. Che sia Defrel, Schick o Bruno Peres, uno di loro deve entrare in campo e dimostrare perché gioca nella Roma. È finito il momento delle scuse, è arrivata l’ora di rimboccarsi le maniche e tirare le somme.

Luca Fantoni

Dopo l’Italia torna il sole, ecco la Roma

Margherita Bellecca – Archiviato con amarezza il playoff dell’Italia, e con lui tutti gli strascichi di una tremenda delusione, si torna a parlare di campionato. La Roma è attesa dalla partita più delicata e difficile da preparare: il derby, sabato alle 18. Le due squadre occupano le posizioni nobili della classifica e si presentano allo scontro nel migliore dei modi. Di Francesco ha trionfato contro la Fiorentina per 4-2 mentre Inzaghi, prima del rinvio contro l’Udinese, aveva battuto per 5-1 il Benevento.

Questa pausa per le nazionali ha messo in difficoltà il tecnico della Roma che è alle prese con l’infortunio di Nainggolan, rimediato durante il ritiro del Belgio. Il centrocampista soffre di una piccola lesione all’inguine e la sua presenza nella stracittadina è a forte rischio. Soltanto a ridosso della partita si saprà se il Ninja ci sarà o meno, ma qualora non ce la dovesse fare è pronto Pellegrini, al suo primo derby. Il romano è rimasto a Trigoria durante la sosta e potrebbe comporre il reparto con De Rossi e Strootman. Anche Dzeko è rimasto nella Capitale ed ha ricaricato le batterie con degli allenamenti specifici per recuperare brillantezza e freddezza sotto porta, visto che in campionato non segna da 5 partite. Completeranno l’attacco Perotti, felicissimo per il suo ritorno tra i convocati dell’Argentina, ed El Shaarawy, entrato bene durante gli ultimi attacchi disperati dell’Italia contro la Svezia. Si rivedrà nella lista dei convocati Schick che però non dovrebbe scendere in campo. In difesa, il reparto che ha dato le maggiori soddisfazioni a Di Francesco, ci saranno Florenzi, Manolas, uno tra Fazio e Jesus, e Kolarov. In porta Alisson.

Inzaghi potrà contare su quasi tutti i suoi effettivi, fatta eccezione di Caicedo e Di Gennaro, fermati da problemi muscolari. A condurre la Lazio, come sempre, ci sarà Immobile, in cerca di riscatto dopo le due brutte partite con la Nazionale. Alle sue spalle Milinkovic-Savic comanderà il folto centrocampo che il tecnico piacentino schiererà. Col serbo giocheranno Parolo, Lulic, Luis Alberto e Marusic. In difesa agiranno Bastos, De Vrij e Radu che difenderanno Strakosha, recuperato da un leggero guaio muscolare avuto con l’Albania.

I precedenti parlano chiaro: a Roma comanda la Roma con 58 vittorie su 156 incontri. Sono 41 quelle dei cugini. Sarà il terzo match tra Inzaghi e Di Francesco col tecnico laziale avanti per 2-0. L’abruzzese è sotto anche nei duelli contro la Lazio, su 7 partite giocate, da quando allena, ne ha vinte soltanto due, mentre sarà all’esordio assoluto in un derby, cosa che non si può dire del suo collega, alla quinta stracittadina sulla panchina biancoceleste. Il bilancio è in parità: 2 vittorie e 2 sconfitte.

Di fronte al pubblico delle grandi occasioni, attesi quasi 60 mila spettatori, Roma e Lazio sono pronte a dar vita a quello che potrebbe essere uno scontro diretto per lo scudetto. La tensione, come in ogni derby, si taglierà col coltello, ma un risultato positivo può consentire alla Roma di sognare ancora, perché tanto non costa nulla.

Margherita Bellecca